Lista articoli su artico - Icona Meteo IconaMeteo.it - Sempre un Meteo avanti Sun, 13 Oct 2024 07:26:03 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8 https://www.iconameteo.it/contents/uploads/2019/12/Favicon-150x150.png Lista articoli su artico - Icona Meteo 32 32 Il riscaldamento nell’Artico accelera quattro volte più velocemente rispetto al resto del pianeta https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/il-riscaldamento-nellartico-accelera-quattro-volte-piu-velocemente-rispetto-al-resto-del-pianeta/ Sun, 13 Oct 2024 07:26:03 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=78796 Mentre il ghiaccio marino scompare, la Groenlandia si scioglie e gli incendi devastano le foreste settentrionali, nuove ricerche confermano quanto gli scienziati stanno cercando di segnalare da tempo: l’Artico si sta riscaldando a un ritmo molto più rapido rispetto al resto del mondo. Il fenomeno, noto come amplificazione artica, è causato dalle emissioni di gas …

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Mentre il ghiaccio marino scompare, la Groenlandia si scioglie e gli incendi devastano le foreste settentrionali, nuove ricerche confermano quanto gli scienziati stanno cercando di segnalare da tempo: l’Artico si sta riscaldando a un ritmo molto più rapido rispetto al resto del mondo.

Il fenomeno, noto come amplificazione artica, è causato dalle emissioni di gas serra derivanti dalla combustione di combustibili fossili. Secondo uno studio pubblicato dal Finnish Meteorological Institute, la temperatura nella regione del Polo Nord negli ultimi decenni è aumentata a una velocità quattro volte superiore rispetto al resto del Pianeta.

Uno dei problemi riscontrati riguarda i modelli climatici, che non riescono a cogliere appieno questo rapido tasso di riscaldamento, come ha spiegato uno dei ricercatori principali dello studio. Questo rappresenta una preoccupazione perché, se i modelli non possono riprodurre accuratamente la situazione attuale, non si può essere certi delle previsioni a lungo termine. “A causa di questa discrepanza, abbiamo deciso che era necessario correggere i modelli e aggiornarli“, ha dichiarato uno degli scienziati coinvolti nello studio.

Lo studio, pubblicato nella rivista Communications Earth and Environment, ha analizzato le tendenze delle temperature nell’Artico tra il 1979 e il 2021, un periodo che corrisponde all’era moderna dei dati satellitari. È stato riscontrato che il tasso di riscaldamento è particolarmente elevato nella regione euroasiatica dell’Artico, in particolare nel Mar di Barents, dove la temperatura è aumentata sette volte più velocemente rispetto alla media globale.
I dati più recenti mostrano che la temperatura media annuale nella regione del Mar di Barents è aumentata fino a 2,7 gradi Celsius per decennio negli ultimi 40 anni, rendendo questa area la zona con il riscaldamento più rapido del pianeta.

Il cambiamento climatico ha portato a una rapida perdita di ghiaccio marino nell’Artico, che ha ulteriormente amplificato il riscaldamento globale. Il ghiaccio marino, con la sua superficie bianca brillante, riflette l’energia solare nello spazio; quando si scioglie, l’oceano scuro assorbe maggior calore, aggravando il problema.

Un climatologo indipendente ha sottolineato come questo studio evidenzi l’amplificazione artica in modo particolarmente chiaro negli ultimi decenni, più di quanto accaduto nella prima metà del Novecento. “L’amplificazione artica è innegabile“, ha affermato l’esperto. “Sia che si parli di un fattore di due, tre o quattro, ciò non cambia il fatto che l’Artico si stia riscaldando più velocemente del resto del mondo”.

L’annuale Arctic Report Card dello scorso anno, pubblicata dalla National Oceanic and Atmospheric Administration, ha rilevato che la regione artica si sta riscaldando più velocemente del resto della Terra e sta rapidamente perdendo la copertura di ghiaccio.

Questi risultati rispecchiano anche le ultime conclusioni delle Nazioni Unite sulla crisi climatica, secondo cui l’Artico continuerà a riscaldarsi a un ritmo superiore finché l’umanità continuerà a bruciare combustibili fossili e a rilasciare gas serra nell’atmosfera.

La sensibilità dell’Artico al riscaldamento globale è maggiore di quanto pensassimo“, ha concluso un ricercatore coinvolto nello studio. “Solo il tempo ci dirà come evolverà la situazione in futuro”.

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L’ARTICO continua a riscaldarsi a una velocità doppia: il report del 2021 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/lartico-continua-a-riscaldarsi-a-una-velocita-doppia-il-report-del-2021/ Tue, 11 Jan 2022 09:04:54 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/lartico-continua-a-riscaldarsi-a-una-velocita-doppia-il-report-del-2021/ L’Artico continua a riscaldarsi a una velocità doppia rispetto al resto del mondo. Per documentare i numerosi modi in cui il cambiamento climatico continua ad alterare radicalmente questa regione un tempo congelata in modo affidabile, la NOAA ha redatto la Report Card dell’Artico 2021. Uno strumento che “continua a mostrare come gli impatti dei cambiamenti …

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L’Artico continua a riscaldarsi a una velocità doppia rispetto al resto del mondo. Per documentare i numerosi modi in cui il cambiamento climatico continua ad alterare radicalmente questa regione un tempo congelata in modo affidabile, la NOAA ha redatto la Report Card dell’Artico 2021. Uno strumento che “continua a mostrare come gli impatti dei cambiamenti climatici causati dall’uomo stiano spingendo la regione artica in uno stato drammaticamente diverso rispetto a pochi decenni fa“, ha affermato l’amministratore della NOAA Rick Spinrad. “Le tendenze sono allarmanti e innegabili. Affrontiamo un momento decisivo. Dobbiamo agire per affrontare la crisi climatica”.

Artico, nuovo record di temperatura: +38°C in Siberia nel giugno 2020

Artico, report 2021: il periodo ottobre-dicembre 2020 è stato l’autunno più caldo mai registrato a partire dal 1900

La Report Card dell’Artico 2021 ha messo in evidenza alcuni risultati significativi. Per esempio, la temperatura media dell’aria superficiale sull’Artico nell’ultimo anno (ottobre 2020-settembre 2021) è stata la settima più calda mai registrata. Questo è l’ottavo anno consecutivo dal 2014 in cui le temperature dell’aria superficiale sono state almeno 1°C al di sopra della media a lungo termine. Il periodo senza neve in tutto l’Artico eurasiatico durante l’estate 2020 è stato il più lungo almeno dal 1990. Il manto nevoso di giugno 2021 nell’Artico del Nord America è stato al di sotto della media a lungo termine per il 15° anno consecutivo. Il manto nevoso di giugno nell’Europa artica è stato al di sotto della media 14 volte negli ultimi 15 anni.

L’anno 2020 nell’Artico ha visto la settima temperatura dell’aria più calda nel record strumentale. L’immagine in alto mostra l’allontanamento dalla temperatura media in tutto l’Artico nel 2020, con colori più rossi che mostrano aree di maggiore calore. La metà inferiore di questo grafico mostra come la temperatura dell’aria artica sia variata rispetto a quella globale dal 1900. (Climate.gov)

Come sta cambiando l’Artico: nel 2021 è stata osservata una produttività di mezza estate eccezionalmente alta in tutta la tundra

Il report della NOAA sottolinea come i satelliti forniscano prove inequivocabili di un diffuso inverdimento della tundra, ma anche di una maggiore frequenza di eventi estremi e di altri fattori di “imbrunimento” su scala locale, evidenziando l’interruzione regionale come una componente crescente del cambiamento dell’Artico. I castori stanno colonizzando la tundra artica dell’Alaska occidentale, trasformando gli ecosistemi della tundra di pianura e degradando il permafrost con un aumento della quantità di acqua superficiale non ghiacciata sul paesaggio in inverno.

Ciclo idrologico dell’Artico: nel 2020, lo scarico combinato degli otto maggiori fiumi artici è stato del 12% circa superiore alla media

Le osservazioni a lungo termine per gli scarichi dei fiumi eurasiatici e artici nordamericani dimostrano una tendenza al rialzo, fornendo prove dell’intensificazione del ciclo idrologico dell’Artico. Nel 2020, lo scarico combinato degli otto maggiori fiumi artici è stato del 12% circa superiore alla media nel periodo di riferimento 1981-2010. Il ritiro dei ghiacciai e lo scioglimento del permafrost stanno causando rischi su scala locale o regionale che minacciano vite e mezzi di sussistenza, infrastrutture, sviluppo sostenibile e sicurezza nazionale

La calotta glaciale della Groenlandia ha subito tre episodi di scioglimento estremo a fine luglio e agosto

Dopo decenni di relativa stabilità, la calotta glaciale della Groenlandia ha perso massa quasi ogni anno dal 1998, con una perdita di ghiaccio record nel 2012 e nel 2019. Nel 2021 ha subito tre episodi di scioglimento estremo a fine luglio e agosto. Sempre ad agosto, per la prima volta in assoluto, si sono verificate piogge sulla sommità della calotta glaciale della Groenlandia, a circa 3.200 metri di altezza.

Ghiaccio marino, il suo declino dal 1979 è uno dei principali indicatori della crisi climatica

Il volume di ghiaccio marino post-inverno nell’Oceano Artico nell’aprile 2021 è stato il più basso dall’inizio delle registrazioni nel 2010. La quantità di ghiaccio marino pluriennale più vecchio e biologicamente importante alla fine dell’estate 2021 era la seconda più bassa dall’inizio delle registrazioni nel 1985. L’estensione totale del ghiaccio marino a settembre 2021 è stata la dodicesima più bassa mai registrata. Tutti i 15 estremi minimi più bassi si sono verificati negli ultimi 15 anni. Il sostanziale declino dell’estensione del ghiaccio artico dal 1979 è uno degli indicatori più iconici del cambiamento climatico.

La perdita di ghiaccio marino ha inoltre consentito alla navigazione e ad altre attività commerciali e industriali di spingersi più in profondità nell’Artico:

  • Durante il 2020, la regione dello Stretto di Bering in Alaska ha subito un evento di detriti marini che ha portato a terra rifiuti diversi dai tipi e dalle quantità tipicamente osservati, per lo più associati al traffico di navi straniere attraverso la regione.
  • Il traffico marittimo artico tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Atlantico continua ad aumentare e, con esso, aumentano i livelli di rumore marino ambientale nelle bande di frequenza utilizzate dai mammiferi marini.

L’Oceano Artico si sta acidificando più velocemente dell’oceano globale, ma con un’elevata variabilità spaziale. Un numero crescente di ricerche indica che l’acidificazione nell’Oceano Artico potrebbe avere implicazioni per l’ecosistema artico, comprese le influenze su alghe, zooplancton e pesci.

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Stati Uniti, il 2021 è il quarto anno più CALDO e il secondo per numero di EVENTI METEO ESTREMI

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Nel 2021 triplicati i FULMINI attorno al POLO NORD: lo studio https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/fulmini-2021-polo-nord-stati-uniti-italia/ Tue, 04 Jan 2022 10:30:18 +0000 https://www.iconameteo.it/primo-piano/nel-2021-caduto-il-doppio-dei-fulmini-attorno-al-polo-nord/ fulmini 2021 polo nordNel 2021 i fulmini hanno raggiunto ancora più spesso le zone attorno al Polo Nord, più precisamente a nord dell’85° parallelo: rispetto al 2020 i fulmini sono triplicati, e si tratta di un numero quasi due volte più alto rispetto al totale di quelli caduti nell’arco dei 9 anni precedenti. Tra i Paesi del Mondo …

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Nel 2021 i fulmini hanno raggiunto ancora più spesso le zone attorno al Polo Nord, più precisamente a nord dell’85° parallelo: rispetto al 2020 i fulmini sono triplicati, e si tratta di un numero quasi due volte più alto rispetto al totale di quelli caduti nell’arco dei 9 anni precedenti. Tra i Paesi del Mondo a ricevere più fulmini in assoluto ci sono Brasile e Stati Uniti, mentre l’Italia è tra i Paesi europei a ricevere in media più fulmini per chilometro quadrato.

Questi i dati più salienti dello studio sulle fulminazioni registrate nel 2021, pubblicato dal U.S. National Lightning Detection Network di Vaisala, che dal 1983 registra le fulminazioni negli USA e dal 2009 in tutto il Mondo.

Triplicati nel 2021 i fulmini a nord dell’80° parallelo

fulmine record polo nord
Il fulmine più a nord mai rilevato è caduto a soli 52 chilometri dal Polo Nord il 13 agosto 2019

Secondo il rapporto nel 2021 oltre l’85° parallelo nord sono stati rilevati quasi il doppio dei fulmini rispetto a quelli caduti nei 9 anni precedenti. In particolare, negli ultimi 3 anni il numero di fulmini rilevati è stato particolarmente elevato con oltre 100 fulminazioni rilevate nel 2019, quasi 200 nel 2020 e ben 634 nel 2021.

Oltre il circolo polare artico nel 2021 sono caduti in tutto 1,8 milioni di fulmini. Si tratta del maggior numero di fulmini registrati dal 2012 a questa parte.

Si tratta di un dato che testimonia quanto il clima stia cambiando nella regione artica. Ad agosto del 2021 per la prima volta da quando sono iniziate le osservazioni è caduta pioggia invece che neve ad oltre 3000 metri sul ghiacciaio in Groenlandia.

Resta invariato però il Guinnes World Record: nel 2019 è stato rilevato il fulmine più vicino al Polo Nord mai registrato. Il fulmine è caduto a soli 52 chilometri dal Polo Nord.

Più pioggia che neve nell’Artico: secondo uno studio potrebbe avvenire 30 anni prima del previsto

Brasile al primo posto per numero di fulmini nel 2021

A livello globale è il Brasile ad aver ricevuto più fulmini, con ben 225 milioni di fulminazioni. Al secondo posto ci sono gli Stati Uniti (194 milioni) seguiti dalla Repubblica Democratica del Congo (180 milioni). Giù dal podio l’Australia (146 milioni), Cina (86), Indonesia (81), India (51), Messico (50), Argentina (44) e Colombia (36).

Singapore è il primo Paese per densità di fulmini, con ben 163 fulmini per chilometro quadrato, seguito da Macao (135), Brunei (105), e Repubblica Democratica del Congo (77).

Il Lago di Maracaibo (Venezuela), il più grande del Sud America resta il luogo che riceve più fulmini durante tutto l’anno con una media di quasi 300 giorni l’anno in cui cade almeno un fulmine.

L‘Italia è uno degli stati europei che ha ricevuto più fulmini nel 2021: si sono contati 2,7 milioni di fulmini lo scorso anno. In media in Italia cadono quasi 12 fulmini per chilometro quadrato. Solo nei Balcani la media è superiore, con un massimo di 14,4 fulmini per chilometro quadrato nel Montenegro.

Oltre 194 milioni di fulmini negli Stati Uniti

Nel 2021 sono caduti 24 milioni di fulmini in più sugli Stati Uniti rispetto al 2020. In tutto si sono contati 194 milioni di fulmini sugli USA nel 2021, di cui quasi 42 solo nello stato del Texas, che resta lo stato che riceve più fulmini di tutti gli Stati Uniti, seguito dalla Florida. La Florida è il primo stato degli USA per densità dei fulmini (quasi 86 per chilometro quadrato), seguita da Louisiana (81) e Texas (60).

L’eccezionale fronte temporalesco di metà dicembre responsabile della devastante ondata di maltempo, con grandine, venti forti e numerosi tornado ha scatenato oltre 100 mila fulmini.

Tra i grattacieli americani a ricevere più fulmini è stata la Willis Tower e il John Hancock Center di Chicago. I grattacieli di New York City hanno ricevuto meno fulmini: in particolare il One World Trade Center ne ha ricevuti 109, la Trump Tower 103 e l’Empire State Building 25.

fulmini e grattacieli

Fulminazioni, incendi: un fulmine responsabile del Bootleg Fire

Negli Stati Uniti i fulmini sono responsabili del 14% degli incendi. Nonostante si tratti di una percentuale nettamente inferiore rispetto agli incendi innescati dall’uomo, i roghi derivanti sono responsabili del 58% della superficie bruciata ogni anno. Nel 2021 un fulmine ha dato vita al terribile Bootleg Fire, il terzo più vasto incendio della storia dell’Oregon, che bruciò oltre 400 mila acri.

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ARTICO, nuovo RECORD di temperatura: +38°C in Siberia nel giugno 2020 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/artico-nuovo-record-di-temperatura-38c-in-siberia-nel-giugno-2020/ Tue, 14 Dec 2021 11:49:56 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/artico-nuovo-record-di-temperatura-38c-in-siberia-nel-giugno-2020/ La crisi climatica sta facendo sentire i suoi effetti in maniera sempre più evidente, come testimonia l’ennesimo record di temperatura nell’Artico. Il 20 giugno del 2020, infatti, nella città russa di Verkhoyansk si è verificata una temperature di 38°C, riconosciuta ufficialmente dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) come un nuovo record di temperatura artica. Il valore, certamente …

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La crisi climatica sta facendo sentire i suoi effetti in maniera sempre più evidente, come testimonia l’ennesimo record di temperatura nell’Artico. Il 20 giugno del 2020, infatti, nella città russa di Verkhoyansk si è verificata una temperature di 38°C, riconosciuta ufficialmente dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) come un nuovo record di temperatura artica. Il valore, certamente tipico più del Mediterraneo che dell’Artico, è stato misurato in una stazione di osservazione meteorologica durante un’eccezionale ondata di caldo siberiano.

Temperature estreme: secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale niente di tutto ciò sarebbe possibile senza la crisi climatica

I 38°C registrati a Verkhoyansk si sono dunque verificati durante l’ultima eccezionale ondata di caldo siberiano, con temperature che hanno raggiunto i 10°C al di sopra della norma per grande parte della stagione alimentando incendi devastanti, massiccia perdita di ghiaccio marino e giocando un ruolo assolutamente centrale nel 2020, uno dei tre anni più caldi mai registrati.

Stato del Clima, 2020 anno nero: gas serra mai così elevati e caldo protagonista

“Questo nuovo record dell’Artico fa parte di una serie di osservazioni riportate all’Archivio WMO di condizioni meteorologiche e climatiche estreme che suonano i campanelli d’allarme sul nostro clima che cambia. Nel 2020 c’è stato anche un nuovo record di temperatura (18,3°C) per il continente antartico“, ha affermato il segretario generale dell’OMM, il prof. Petteri Taalas.

Inoltre, fa sapere Taalas, l’archivio del WMO sta attualmente cercando di verificare la temperatura di 54,4°C registratasi nel luogo più caldo del mondo, la Death Valley in California, sia nel 2020 che nel 2021 e di convalidare un nuovo record di temperatura europeo con i 48,8°C raggiunti a Siracusa la scorsa estate. “L’Archivio WMO di condizioni meteorologiche e climatiche estreme non ha mai avuto così tante indagini simultanee in corso”, ha aggiunto.

L’Artico si sta riscaldando più del doppio della media globale

Verkhoyansk si trova a circa 115 chilometri a nord del Circolo Polare Artico e la stazione meteorologica osserva le temperature dal 1885. Si trova nella parte settentrionale della Repubblica di Sakha (Yakutia), in una regione della Siberia orientale che presenta un inverno molto freddo ed un’estate calda. La temperatura estrema e il cambiamento climatico in corso hanno spinto un gruppo di esperti dell’OMM ad aggiungere una nuova categoria climatica dove sono rappresentate entrambe le regioni polari.

“Fondamentalmente, questa indagine mette in evidenza l’aumento delle temperature che si verificano per una regione climaticamente importante del mondo. Attraverso il monitoraggio e la valutazione continui delle temperature estreme, possiamo rimanere informati sui cambiamenti che si verificano in questa regione critica del mondo, l’Artico polare”, ha affermato il professor Randall Cerveny, relatore di condizioni climatiche e meteorologiche estreme per WMO. Trattandosi di una nuova categoria, il WMO ha analizzando in maniera dettagliata i 38°C di Verkhoyansk, concludendo che mai in nessuna regione artica si era verificata una temperatura così alta.

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ARTICO, così sta SCOMPARENDO il ghiaccio marino [VIDEO] https://www.iconameteo.it/news/video/artico-cosi-sta-scomparendo-il-ghiaccio-marino-video-2/ Tue, 25 May 2021 07:00:20 +0000 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/artico-cosi-sta-scomparendo-il-ghiaccio-marino-video/ Arriva dall’Artico l’ennesimo campanello d’allarme che dovrebbe portare l’attenzione di tutto il mondo sulla crisi climatica. Per la prima volta i dati satellitari hanno rivelato come l’intrusione delle acque più calde in risalita verso nord nell’Atlantico stia riducendo la ricrescita del ghiaccio in inverno. È normale che la quantità di ghiaccio marino che galleggia nell’Oceano …

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Arriva dall’Artico l’ennesimo campanello d’allarme che dovrebbe portare l’attenzione di tutto il mondo sulla crisi climatica. Per la prima volta i dati satellitari hanno rivelato come l’intrusione delle acque più calde in risalita verso nord nell’Atlantico stia riducendo la ricrescita del ghiaccio in inverno.

È normale che la quantità di ghiaccio marino che galleggia nell’Oceano Artico vari in modo estremamente significativo con le stagioni, raggiungendo il minimo intorno a settembre e il massimo intorno a marzo, dopo i mesi invernali più freddi. I dati relativi agli ultimi anni rivelano però che un altro fattore si sta sommando alla naturale variazione delle stagioni: la temperatura dell’acqua marina dell’oceano artico è sempre più elevata, e contribuisce in modo inedito alla fusione dei ghiacci, al punto che anche durante i mesi invernali la loro estensione non riesce a raggiungere i valori tipici anche solo di pochi anni fa.

Il grafico, pubblicato dall’Agenzia Spaziale Europea, mostra com’è cambiata negli ultimi anni l’estensione del ghiaccio marino registrata nel periodo tra novembre e aprile:

Crediti: ESA

Lo studio è stato pubblicato di recente sul Journal of Climate, e per realizzarlo gli scienziati hanno utilizzato i dati satellitari della Climate Change Initiative dell’ESA per calcolare i cambiamenti nel volume del ghiaccio marino artico tra il 2002 e il 2019.
I ricercatori hanno scoperto che il maggiore calore dell’oceano porta a una scomparsa dei ghiacci significativa soprattutto nel Mare di Barents e nel Mare di Kara. Il fenomeno è stato definito “Atlantification“, per descrivere il modo in cui il calore dell’Oceano Atlantico, trasportato a latitudini più elevate, stia causando il ritiro del ghiaccio marino.

Il video realizzato dall’Esa mostra i cambiamenti registrati nell’ultimo decennio:

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CALDO RECORD alle SVALBARD: sfiorati i 10 gradi dove di solito non si superano i -5 https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-record-alle-svalbard/ Fri, 13 Nov 2020 07:18:57 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=56929 svalbard caldo recordUn nuovo impressionante record di caldo è stato registrato ieri alle Svalbard, dove la colonnina di mercurio ha raggiunto una soglia a cui, nel mese di novembre, non si era mai nemmeno avvicinata. Il record di caldo osservato ieri, infatti, quando in pieno Artico il termometro ha sfiorato i 10 gradi, ha stracciato il precedente …

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Un nuovo impressionante record di caldo è stato registrato ieri alle Svalbard, dove la colonnina di mercurio ha raggiunto una soglia a cui, nel mese di novembre, non si era mai nemmeno avvicinata. Il record di caldo osservato ieri, infatti, quando in pieno Artico il termometro ha sfiorato i 10 gradi, ha stracciato il precedente superandolo di quasi due gradi.

È successo a Longyearbyen, dove all’aeroporto si sono raggiunti i 9,2 gradi: il record precedente era di 7,5 gradi ed era stato registrato negli anni Settanta. In media, a Longyearbyen la temperatura di novembre va da una minima di circa -10 e una massima di circa -5.

Come ha segnalato su Twitter lo scienziato Ketil Isaksen, una temperatura ancora più elevata è stata registrata nella stazione meteorologica di Reindalspasset, nell’interno dell’isola, dove si sono raggiunti i 9,4 gradi. Anche in questo caso, siamo di fronte a un valore mai visto nel mese di novembre:

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Due intere CALOTTE POLARI scompaiono in CANADA https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/due-intere-calotte-polari-scompaiono-in-canada/ Fri, 07 Aug 2020 14:13:20 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=51831 Due intere calotte polari scompaiono in CanadaChe la Terra si stia riscaldando, progressivamente e ineluttabilmente, è ormai certo. Arriva in questi giorni l’ennesima dimostrazione. Due intere calotte polari scompaiono in Canada. Una notizia a dir poco inquietante. Gli scienziati del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) hanno affermato la scorsa settimana che le calotte glaciali della baia di St. Patrick …

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Che la Terra si stia riscaldando, progressivamente e ineluttabilmente, è ormai certo. Arriva in questi giorni l’ennesima dimostrazione. Due intere calotte polari scompaiono in Canada. Una notizia a dir poco inquietante. Gli scienziati del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) hanno affermato la scorsa settimana che le calotte glaciali della baia di St. Patrick nel nord-est dell’isola di Ellesmere nel Nunavut, in Canada, sono letteralmente scomparse nelle immagini satellitari. I ricercatori sospettavano da tempo questo. Ma la dimostrazione empirica è giunta prima del previsto. Questi dati confermano un’altra, drammatica ipotesi. E cioè che la calotta glaciale dell’Antartico orientale non sia stabile come si pensava fino a poco tempofa.

Due intere calotte polari scompaiono in Canada. Nel 2001, le stesse calotte si erano ridotte rispettivamente al 62% e al 58% rispetto al 1959

La calotta di ghiaccio è una sorta di mini-ghiacciaio. Queste formazioni si estendono per meno di 50.000 chilometri quadrati. Le calotte di ghiaccio della Baia di San Patrizio erano già minuscole. Nel lontano 1959, la più grande era solo 7 chilometri quadrati e mezzo. La più piccola, appena 2,9 chilometri quadrati. Nel 2001, le due calotte polari si erano ridotte rispettivamente al 62% e al 58% delle dimensioni registrate mezzo secolo fa. Nel 2017, un team di ricercatori ha pubblicato una ricerca nella quale si affermava che le calotte polari sarebbero scomparse a causa del rapido riscaldamento delle temperature nell’Artico. Sono passati poco più di 3 anni, e di quelle calotte glaciali, nelle immagini dei satelliti, non c’è traccia. Le foto satellitari, per la precisione, risalgono al 14 luglio di quest’anno. Secondo lo stesso documento, le estati in questa regione non sono state così calde da 115.000 anni. Il 2020, d’altra parte, si conferma un anno terribile per quanto riguarda ondate di caldo e incendi nell’Artico. Temperature estreme che, molto probabilmente, hanno contributi allo scioglimento delle calotte di ghiaccio.

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CALDO ECCEZIONALE e ROVENTE nell’Artico: +34 °C a Ust-Olenek https://www.iconameteo.it/news/notizie-mondo/caldo-eccezionale-e-rovente-nellartico-34-c-a-ust-olenek/ Wed, 01 Jul 2020 07:02:20 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=49843 caldoIl caldo eccezionale continua a interessare l’Artico. Nella giornata di ieri il termometro è salito fino a 34 °C a Ust-Olenek, sulla costa del Mare di Laptev, sezione del Mar Glaciale Artico della Russia. Vale a dire 20-25 gradi sopra la media. Il 1 luglio 1979 Hatanga, insediamento della Siberia sud-occidentale, aveva raggiunto i 36.7 …

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Il caldo eccezionale continua a interessare l’Artico. Nella giornata di ieri il termometro è salito fino a 34 °C a Ust-Olenek, sulla costa del Mare di Laptev, sezione del Mar Glaciale Artico della Russia. Vale a dire 20-25 gradi sopra la media. Il 1 luglio 1979 Hatanga, insediamento della Siberia sud-occidentale, aveva raggiunto i 36.7 °C: un record assoluto.

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I 34 °C di Ust-Olenek rappresentano probabilmente un record mensile poiché le stazioni vicine hanno battuto il record di giugno con 33,1 °C ad Hatanga e 32,7 a Saskylah. L’anomalia non ha riguardato solo le temperature massime ma anche le minime. Nella notte, infatti, il termometro ha segnato 20.4 °C, dando vita a quella che viene definita una notte tropicale.

Le alte temperature della regione artica siberiana sono strettamente collegate ai vasti incendi che stanno interessando la zona, con conseguenze devastanti per il ghiaccio marino. Il record di temperatura più impressionante del 2020 è quello che ha interessato Verkhoyansk, nella regione della Jacuzia, conosciuto per essere uno dei centri abitati più freddi al mondo.

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INCENDI spuntano dai GHIACCI dell’ARTICO https://www.iconameteo.it/news/incendi-spuntano-dai-ghiacci-dellartico/ Wed, 10 Jun 2020 13:30:42 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=48804 Incendi spuntano dai ghiacci dell'ArticoIncendi spuntano dai ghiacci dell’Artico. Sono sempre di più, infatti, i roghi registrati nel Circolo Polare Artico. È quanto emerge da uno studio del Copernicus Atmosphere Monitoring Center. La ricerca ha preso in esame il periodo 2003-2019. Si tratta di incendi del tutto particolare. Roghi che “covano” sotto il ghiaccio. Incendi che sopravvivono durante l’inverno …

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Incendi spuntano dai ghiacci dell’Artico. Sono sempre di più, infatti, i roghi registrati nel Circolo Polare Artico. È quanto emerge da uno studio del Copernicus Atmosphere Monitoring Center. La ricerca ha preso in esame il periodo 2003-2019. Si tratta di incendi del tutto particolare. Roghi che “covano” sotto il ghiaccio. Incendi che sopravvivono durante l’inverno sotto le nevi. E riemergono quindi la primavera successiva. Qual che succede in Alaska è un esempio eclatante. Li chiamano “incendi zombie”. Proprio perché, a un certo punto, si risvegliano. In questi giorni si sono risvegliati nel Circolo Polare Artico. Una zona che ha registrato un aumento delle temperature senza precedenti nel 2019. Il Copernicus Atmosphere Monitoring Center li sta studiando attraverso i dati forniti dal satellite.

Appena la neve si scioglie, moltissimi incendi spuntano dai ghiacci dell’Artico

Incendi spuntano dai ghiacci dell’Artico. Sembra incredibile, ma è proprio così. Questi incendi sopravvivono per mesi sotto terra. Specialmente sotto le fitte torbiere. parliamo di zone umide, composte da piante molto vecchie e decomposte. Questi incendi “latenti” prendono vita quando il clima si fa più caldo e secco. Ecco perché il termine “Zombie” è sicuramente il più appropriato. “Il termine Zombie descrive perfettamente il comportamento di questi incendi”, dice Thomas Smith, assistente di Geografia Ambientale presso la London School of Economics. “All’improvviso si rianimano, e sono difficilissimi da estinguere“. Nell’aprile di quest’anno, due tecnici dei Vigili del fuoco stavano perlustrando in motoslitta la zona vicino a Willow, in Alaska. All’improvviso sono finiti in mezzo agli incendi zombie. Parliamo di roghi che, in quel caso, erano iniziati nell’agosto 2019. La combustione dei materiali che giacciono sottoterra trasforma rapidamente il materiale stesso, formando nuovi incendi.

Questo tipo di incendi si verifica con maggiori probabilità nelle zone che, negli anni precedenti, hanno registrato vasti roghi

Gli incendi zombie iniziano a bruciare non appena la neve si scioglie”, dice Jessica McCarty, ricercatrice che studia i fuochi nell’Artico e assistente presso il Dipartimento di Geografia dell’Università di Miami. “Questo tipo di incendi si verifica con maggiori probabilità in zone che, negli anni precedenti, hanno registrato vasti incendi. Tutta colpa della terra bruciata. Sui resti delle fiamme precedenti, infatti, si sviluppano nuove fiamme. È come se l’incendio, anziché estinguersi del tutto, alla fine sopravvivesse. Non appena si sviluppa un nuovo incendio, per la vegetazione secca presente al suolo è la fine”. Certo, non si può affermare con certezza che tutti gli incendi sviluppatisi al Circolo Polare Artico siano incendi zombie. Alcuni roghi possono avere origine dolosa. Per far spazio a terreni agricoli, per esempio. Gli incendi zombie, comunque, restano un fenomeno di grande interesse scientifico e non poco preoccupante per l’ambiente.

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Emergenza Artico: bolle di metano sotto il permafrost. Cosa succede? https://www.iconameteo.it/news/video/emergenza-artico-bolle-di-metano-sotto-il-permafrost-cosa-succede/ Fri, 07 Feb 2020 10:10:53 +0000 https://www.iconameteo.it/?p=44445 Artico bolle di metanoUn nuovo allarme arriva dall’Artico: bolle di metano sotto il permafrost pronte a esplodere nell’atmosfera. Un nuovo studio di Science Advances mette in evidenza i rischi di un fenomeno che prende il nome di “termocarsismo“. I ghiacci, com’è noto, si sciolgono per effetto del riscaldamento globale. Di conseguenza il metano intrappolato in bolle al suo interno …

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Un nuovo allarme arriva dall’Artico: bolle di metano sotto il permafrost pronte a esplodere nell’atmosfera. Un nuovo studio di Science Advances mette in evidenza i rischi di un fenomeno che prende il nome di “termocarsismo“.

I ghiacci, com’è noto, si sciolgono per effetto del riscaldamento globale. Di conseguenza il metano intrappolato in bolle al suo interno fuoriesce, accrescendo ancora di più l’effetto serra. Il metano è notoriamente uno dei principali responsabili del riscaldamento globale, potenzialmente 25 volte più efficace dell’anidride carbonica.

Per studiare il fenomeno del termocarsismo la nave rompighiaccio svedese Oden ha percorso poco meno di 6000 chilometri nel Mar Glaciale Artico. Il team di ricercatori ha individuato alcune aree in cui le emissioni di metano risultano ben 25 volte superiori alla media. Si tratta di aree localizzate perlopiù nei Mari di Laptev, dei Ciukci e della Siberia orientale.

La notizia buona, per ora, è che il fenomeno appare localizzato e quindi non rilevante a livello globale. Ma – come precisa Katey Walter Anthony, biogeochimica dell’Università dell’Alaska – «non dovremo aspettare 200 o 300 anni per assistere ad un rilascio di metano dal permafrost su larga scala. Sta già succedendo, ma ad un ritmo non ancora elevato. Il picco avverrà nel giro di pochi decenni».

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