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Cambiamenti climatici e inflazione alimentare. Lo studio

Uno studio portato avanti dai ricercatori tedeschi dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico, pubblicato il 21 marzo sulla rivista Communications Earth & Environment, mette in correlazione riscaldamento globale e caldo estremo con un crescente aumento dell’inflazione generale e alimentare. “Gli impatti climatici sulla produttività economica indicano che il cambiamento climatico può minacciare la stabilità dei prezzi. Le temperature più elevate aumentano l’inflazione alimentare e principale in modo persistente per 12 mesi sia nei Paesi a reddito più alto che in quelli a basso reddito. Gli effetti variano a seconda delle stagioni, delle regioni, in base alle norme climatiche, con ulteriori impatti derivanti dalla variabilità della temperatura giornaliera e dalle precipitazioni estreme”.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Per quantificare gli impatti delle condizioni climatiche sull’inflazione sono state prese in considerazione oltre 27.000 osservazioni di indici mensili dei prezzi al consumo in tutto il mondo. La valutazione di questi risultati alla luce degli aumenti di temperatura previsti per il 2035, implica pressioni al rialzo sull’inflazione alimentare e principale rispettivamente di 0,92-3,23 e 0,32-1,18 punti percentuali all’anno in media a livello globale. Le pressioni sono maggiori alle basse latitudini e mostrano una forte stagionalità alle alte latitudini, con un picco in estate. Infine, il caldo estremo estivo del 2022 ha aumentato l’inflazione alimentare in Europa di 0,43-0,93 punti percentuali che il riscaldamento previsto per il 2035 amplificherebbe del 30-50%.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Abbiamo scoperto che le condizioni di temperatura previste per il 2035 nell’ambito del riscaldamento futuro implicano pressioni inflazionistiche al rialzo in tutto il mondo. Ciò potrebbe far aumentare l’inflazione alimentare in media del 3,23% annuo a livello globale e spingere l’inflazione complessiva fino all’1,18% nel prossimo decennio. Oltre il 2035 l’entità delle pressioni stimate diverge fortemente tra gli scenari di emissione, suggerendo che una mitigazione decisiva dei gas serra potrebbe ridurli sostanzialmente“.

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I cambiamenti climatici hanno già iniziato a colpire diverse parti dell’economia, facendo ad esempio aumentare il costo degli alloggi in aree ad alto rischio climatico e alimentando gravi carenze di approvvigionamento di prodotti alimentari in tutto il mondo, dall’olio d’oliva al cacao. L’impatto inflazionistico sembrerebbe anche sbilanciato, con le maggiori pressioni sui Paesi dell’Africa e del Sud America. Tali influenze potrebbero essere frenate con il giusto approccio politico ma secondo i ricercatori se le emissioni non verranno ridotte, gli impatti inflazionistici non potranno che peggiorare.

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“Nello scenario migliore delle emissioni, le pressioni derivate da fattori esterni si vedrebbero solo marginalmente maggiori nel 2060 rispetto al 2035, ma prendendo in considerazione un futuro peggiore, le pressioni sull’inflazione alimentare potrebbero superare il 4% all’anno in gran parte del mondo“.

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