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Uomo-Natura: abbiamo trasformato il 70% delle terre emerse del Pianeta

Il rapporto uomo-natura è prezioso ma sempre più delicato. Abbiamo già trasformato il 70% delle terre emerse del Nostro Pianeta, causando danni ambientali senza precedenti e contribuendo significativamente al riscaldamento globale. I due anni di pandemia da Covid-19 hanno cambiato il nostro modo di vivere e ci hanno aperto gli occhi sul delicato equilibrio che ci lega all’ambiente e che ci permette di vivere la nostra vita in salute e serenità. A evidenziarlo è il rapporto Global Land Outlook realizzato dalla Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione.

Uomo e Natura, abbiamo già superato 4 dei 9 confini planetari

Lo stato di salute dei terreni, delle acque e della biodiversità nel suo complesso è una incredibile fonte di ricchezza ed è fondamentale per la nostra sopravvivenza. La natura risponde costantemente ai nostri bisogni: pensiamo al cibo, all’acqua, ai carburanti e ai materiali di cui sono fatti tutti i nostri oggetti.

Lo sfruttamento delle risorse naturali è fin troppo elevato rispetto alla capacità rigenerativa della natura. Nel 2021 la data simbolica dell’Overshoot Day, ovvero il giorno in cui l’umanità ha esaurito il “budget ecologico” annuale del pianeta, è caduta il 27 luglio. Ciò significa che dal 27 luglio al 31 dicembre 2021 siamo andati in rosso.

Deforestazione, nel 2021 i Tropici hanno perso 10 campi da calcio ogni minuto di foreste primarie

Il modo in cui l’uomo gestisce le risorse naturali fa aumentare i rischi per la salute e per la sopravvivenza di molte specie, inclusa la nostra. Dei 9 confini planetari, le perturbazioni umane che fungono da indicatori dello stato di salute della Terra, ne abbiamo già superati 4, ossia la crisi climatica, la perdita di biodiversità, il cambio di uso del territorio e i cicli geochimici. La violazione di ognuno di questi confini ci porta sempre più vicini a conseguenze ambientali e climatiche irreversibili.

I nove confini planetari. Crediti: J. Lokrantz/Azote based on Steffen et al. 2015.

Il concetto “One Health” e l’economia del ripristino

Circa 44 bilioni di dollari (44 mila miliardi) di produzione economica (più di metà del PIL globale annuale) si basa su capitali naturali. Ma la nostra società fatica a riconoscere il valore delle risorse naturali, fondamentali per il nostro benessere.

«Investire in una ricostruzione su larga scala delle terre per contrastare la desertificazione, l’erosione e la perdita di produzione agricola sarebbe una soluzione conveniente per tutti. Porterebbe benefici sia all’ambiente e al clima, che all’economia e alle comunità locali. La reintegrazione del territorio è uno strumento di sviluppo potente ed economicamente vantaggioso», ha commentato Ibrahim Thiaw, Segretario esecutivo dell’UNCCD.

Gli esseri umani hanno trasformato già il 70% delle terre emerse del Pianeta. Se il trend dovesse continuare anche nel corso di questo secolo, secondo gli scienziati le alterazioni climatiche potrebbero aumentare, con effetti negativi sulla produzione di cibo, sulle migrazioni forzate e con una continua perdita di biodiversità.

Scenari futuri per la salute del territorio
Scenari futuri per la salute del territorio

Tutto questo andrebbe a minare anche la salute umana, con rischio di maggiori malattie zoonotiche (animale-uomo) e di conflitti più intensi per le risorse naturali. I due anni di pandemia da Covid-19 hanno cambiato il nostro modo di vivere e ci hanno aperto gli occhi sul delicato equilibrio uomo-natura che ci permette di vivere la nostra vita in salute e serenità. Oggi conosciamo bene questo legame, questa interconnessione tra l’umanità, le altre specie animali e il mondo vegetale. Oggi dobbiamo avere una mentalità volta a considerare la salute di uno come la salute di tutto e tutti. Il concetto “One Health” esprime proprio questo: un’ambiente in salute si traduce in comunità in salute. Agire per ripristinare i territori, fin qui ampiamente sfruttati per ogni nostra attività, può aiutare l’umanità a prosperare.

Ma non possiamo continuare con il “business-as-usual“: non possiamo permetterci di agire come abbiamo fatto finora. La popolazione globale continua ad aumentare e con lei cresce la pressione nei confronti della natura: abbiamo sempre più bisogno di case, di cibo, di beni essenziali per vivere. E la capacità produttiva della natura, dei terreni e delle acque, sta raggiungendo il limite.

Secondo gli scienziati il primo passo è quello di fare il punto della situazione, una revisione di quella che è la realtà di oggi. Dobbiamo cambiare il nostro modo di fare alla radice. Secondo gli esperti la priorità è quella di creare lavoro e competenze in grado di realizzare il potenziale della “Restoration economy”, l‘economia del ripristino capace guidare lo sviluppo sostenibile. Solo così, attraverso una volontà politica, l’azione comune e investimenti sostenibili potremo evitare la crisi globale.

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