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Olimpiadi di Pechino 2022, tra l’annuncio di emissioni zero e il 100% di neve artificiale

Le Olimpiadi Invernali 2022 hanno preso il via, ospitando oltre 3000 atleti e 109 eventi sportivi, in quella che secondo Pechino è la “prima Olimpiade ad emissioni zero”. Altre Olimpiadi invernali prima d’ora hanno puntato sulla neutralità climatica, ma secondo la Commissione Internazionale Olimpica (IOC), la Cina sta prendendo in considerazione una più ampia serie di emissioni, includendo anche quelle dei trasporti. Ma è davvero così?

Olimpiadi di Pechino 2022, cosa c’è dietro “le prime Olimpiadi ad emissioni zero”?

La Cina sta già investendo molto sull’energia rinnovabile, con l’obiettivo di raggiungere emissioni zero entro il 2060. Entro il 2030 la produzione di energia solare ed eolica dovrebbe assicurare 1,200 gigawatts di energia, mentre altri 80 gigawatts dovrebbero arrivare dalle centrali idroelettriche.

I Giochi Olimpici in atto avrebbero un’impronta ambientale pari all’emissione di 1.3 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Si tratta di una goccia nel mare, rispetto alle emissioni nazionali (11 miliardi di tonnellate), certo, ma riuscire a far fronte a tali emissioni è comunque importante.

Molti hanno apprezzato questo obiettivo, facilitato in questo caso dalla bassa presenza di spettatori stranieri causa Covid (che avrebbe aggiunto altre 500,000 tonnellate di CO2) e dall’ammodernamento degli edifici costruiti per le Olimpiadi del 2008. Altri, invece, hanno sottolineato che, nonostante le Olimpiadi si vogliano definire carbon-neutral, la Cina deve ancora compensare le emissioni equivalenti a quelle prodotte da 220 mila auto ogni anno, e il lavoro dietro alle Olimpiadi è tutt’altro che “green”.

Sebbene infatti le 25 sedi dell’Olimpiade siano alimentate con energia rinnovabile, la maggior parte della città di Pechino per l’elettricità fa affidamento ancora sul carbone e molte sedi sono state costruite utilizzando l’energia di impianti a carbone.

Inoltre la costruzione delle sedi dell’Olimpiade ha obbligato a “spostare” 20 mila alberi (di cui ne è sopravvissuto più del 90%) e lavorare 81 ettari di terreno, esponendo il territorio ad un maggiore rischio di erosione, frane, inquinamento delle falde acquifere, con un danno significativo per l’habitat animale. La riserva naturale in cui sorge ha perso il 20% della sua superficie, mettendo a rischio la sopravvivenza di alcune specie protette, come l’aquila reale.

E dove non è riuscito ad arrivare l’intervento diretto dell’organizzazione, che ha voluto ridurre l’impatto ambientale dei Giochi, è stato necessario compensare con gli sponsor e attraverso la piantumazione di 60 milioni di alberi. Pensiamo ad esempio al trasporto aereo o alla costruzione edilizia. La compensazione di emissioni di CO2, solleva spesso critiche, perché invoglia a consumare subito, per poi rimediare in un secondo momento, tra l’altro piantando alberi, che un domani potrebbero essere abbattuti o bruciare in incendi.

Le Olimpiadi invernali di Pechino sono le prime a fare affidamento completamente sulla neve artificiale

In questo contesto fa sicuramente riflettere la carenza di neve sugli impianti da sci, che ha costretto l’organizzazione a fare affidamento al 100% sulla neve artificiale per permettere agli atleti di gareggiare. Per farlo ha dovuto attingere ad acqua, prima destinata a centinaia di coltivatori e alle loro famiglie, prendendola dal corso di un fiume, compiendo quello che il New York Times ha definito l’operazione neve più costosa della storia delle Olimpiadi.

Per lo svolgimento dei Giochi Olimpici sono necessari 2.8 milioni di metri cubi d’acqua, l’equivalente di mille piscine olimpiche. Ma secondo la Commissione è stato usato meno del 10% delle risorse idriche delle regioni di Yanqing e Zhangjiakou, che la produzione di neve artificiale “costerà” in emissioni meno di 3 mila di tonnellate di CO2.

E sebbene non sia l’unica occasione in cui si è dovuto fare affidamento sulla neve artificiale, a Pechino preoccupa soprattutto considerando la carenza di acqua nel sottosuolo provocata dal rapido sviluppo urbano degli ultimi decenni. In tutto questo, la crisi climatica potrebbe dare il colpo di grazia: le precipitazioni invernali sono destinate a calare anche qui, dove negli ultimi decenni si sono contati in media appena 6,5 cm di neve a stagione.

Secondo i ricercatori dell’Università di Loughborough, il futuro delle Olimpiadi invernali sarà sempre meno bianco: delle 20 città che hanno ospitato le Olimpiadi invernali a partire dai Giochi Invernali di Chamonix, solo 10 potrebbero avere la neve naturale per ospitare un evento tale nel 2050.

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