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Il recente declino del manto nevoso sulle Alpi italiane è senza precedenti negli ultimi 600 anni

La neve domina il clima, l’ambiente e le attività socio-economiche delle regioni montane. Influisce sul bilancio energetico della superficie, condiziona il ciclo di vita dei ghiacciai e del permafrost, e svolge l’importante ruolo di serbatoio di stoccaggio dell’acqua superficiale, dal quale dipendono milioni di persone.

Le Alpi fanno parte delle 78 torri d’acqua” del Pianeta: sono la catena montuosa più importante d’Europa per l’approvvigionamento idrico e forniscono, con i ghiacciai e lo scioglimento della neve, una grande quantità di acqua alle zone a valle durante la primavera e l’estate. Il cambiamento climatico anche qui sta sconvolgendo l’ambiente, e probabilmente il manto nevoso – secondo studi recenti in riduzione negli ultimi 50 anni dell’8,4 % in altezza e del 5,6 % in durata per decennio – proseguirà il suo declino anche in futuro, con profonde ripercussioni sull’ambiente naturale e sul benessere delle persone.

Dai ginepri d’alta quota la storia dell’innevamento delle nostre Alpi negli ultimi 6 secoli

Per comprendere quanto inusuali siano le dinamiche recenti del manto nevoso e per metterle in relazione con il cambiamento climatico attuale e futuro, è indispensabile andare indietro nel tempo di secoli, ricostruendo una lunga serie di informazioni inerente l’estensione e la durata della copertura nevosa. Come? Chiedendo aiuto alla natura, e per la precisione ai ginepri prostrati d’alta quota (Juniperus communis).

È quello che hanno fatto i ricercatori del Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali (TeSAF) dell’Università di Padova e dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR  di Bologna (CNR-ISAC). I risultati sono stati pubblicati qualche giorno fa su Nature Climate Change e sono davvero allarmanti.
Esaminando gli anelli di accrescimento dei ginepri di alta quota, i ricercatori hanno infatti scoperto che la recente diminuzione dell’innevamento sul settore centrale delle Alpi italiane non ha precedenti negli ultimi 600 anni.

La ricostruzione e la calibrazione della lunga serie storica

I ginepri comuni d’alta quota sono prostrati, cioè privi di una forma di vita eretta, e ciò impedisce la crescita fintanto che l’arbusto si trova al di sotto del manto nevoso. Questa caratteristica, unitamente alla notevole longevità, fa della larghezza degli anelli del ginepro un buon indicatore della durata del manto nevoso.

Un Ginepro comune d’alta quota prostrato  –  M. Carrer et Al.: “Recent waning snowpack in the Alps is unprecedented in the last six centuries”, Nature Climate Change, 2023.

I ricercatori sono riusciti a ricostruire la durata del manto nevoso negli ultimi sei secoli basandosi su 572 serie di anelli di accrescimento prelevate nell’arco di 5 anni da arbusti viventi e relitti situati in Val Ventina, sulle Alpi lombarde, tra 2100 e 2400 metri di quota, in una zona priva di interferenze legate all’attività umana. Nessuno studio fino ad ora ha ricostruito la durata annua dell’innevamento sulle Alpi per orizzonti temporali così lunghi.
Poiché i dati strumentali di osservazione del manto nevoso non coprono un periodo sufficientemente lungo per poter effettuare una buona calibrazione e verifica della serie pluri-secolare costruita utilizzando la larghezza degli anelli di accrescimento del ginepro, per stimare l’evoluzione stagionale storica della durata della copertura nevosa i ricercatori hanno utilizzato osservazioni giornaliere di precipitazione e temperatura, disponibili per le Alpi sin dalla prima metà dell’800.

Hanno così stimato la frazione solida (in acqua equivalente) delle precipitazioni e, partendo dai dati di temperatura media giornaliera, hanno sviluppato un modello che ha permesso loro di stimare anche lo scioglimento della neve, riuscendo così a ricostruire la durata della copertura nevosa dal 1834 al 2018 e a calibrare con essa la lunga serie ottenuta con gli anelli del ginepro.

L’innevamento delle Alpi dal 1400 al 2018

La ricostruzione finale dell’innevamento annuo delle Alpi centrali dal 1400 al 2018  mostra un’elevata variabilità, con anni in cui il manto nevoso persiste per quasi dodici mesi (come nel 1431, 1541 o 1705), alternati ad anni con meno di 200 giorni di copertura, cioè circa 2 mesi in meno rispetto al valore medio a lungo termine (251 giorni), come accaduto nel 1532, nel 1875 o, ben più recentemente, nel 2012.

Innevamento annuo dal 1400 al 2018 ricostruito con la larghezza degli anelli di ginepro (linea nero),  durata della copertura nevosa dal 1834 al 2018 ricostruita mediante un modello (linea azzurra) e dati strumentali di osservazione della copertura del manto nevoso (linea rossa). M. Carrer et Al.: “Recent waning snowpack in the Alps is unprecedented in the last six centuries”, Nature Climate Change, 2023.

Sono inoltre emerse lunghe fasi con copertura del manto nevoso particolarmente duratura, come tra il 1440 e il 1460 e tra il 1780 e il 1800, e periodi, al contrario, particolarmente poco nevosi, come tra il 1940 e il 1960.

Il declino dell’innevamento iniziato intorno alla fine dell’800 è evidente, e i primi due decenni del nostro millennio hanno registrato il punto più basso mai raggiunto negli ultimi 6 secoli, con una durata media del manto nevoso di appena 215 giorni, cioè 36 giorni in meno rispetto alla media del lungo periodo.

Media su 20 anni della copertura del manto nevoso dal 1400 al 2018 (linea rossa) e deviazione standard. I valori all’interno del grafico evidenziano il periodo con massima (275 giorni) e minima (215 giorni) durata dell’innevamento negli ultimi 600 anni. M. Carrer et Al.: “Recent waning snowpack in the Alps is unprecedented in the last six centuries”, Nature Climate Change, 2023.

Questi risultati sono ben allineati con quelli ottenuti da studi recenti basati, per lo stesso settore alpino, su serie molto più corte di dati di osservazione del manto nevoso.
Il netto declino degli ultimi 50 anni della serie esaminata, che vede una diminuzione della durata del manto nevoso di quasi sette giorni per decennio, è drammaticamente confermato e rafforzato dalla scarsità di neve dell’inverno 2021/2022 e di questa prima parte della stagione fredda, e «dovrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica sull’urgente necessità di sviluppare strategie di adattamento e di iniziare a pensare a una riforma di alcuni dei settori socio-economici più sensibili».

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