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Alla scoperta del Foehn: perché questo vento è così caldo?

Nel glossario dell’American Meteorological Society il Foehn viene definito come “un vento discendente da un pendio alpino, caldo e secco, dovuto ad un flusso a scala sinottica perpendicolare alla catena montuosa”.

Nel nostro Paese (oltre che nel mondo) sono in molti ad avere familiarità con questo fenomeno perché nelle condizioni opportune possiamo osservare venti con caratteristiche simili in prossimità di moltissime catene montuose e l’Appennino, ad esempio, non fa eccezione. Il Foehn, specialmente nella stagione invernale, difficilmente passa inosservato: l’irrompere di questo vento trasforma radicalmente e in pochi minuti le condizioni meteorologiche di una giornata inizialmente tranquilla, fosca e freddina. Un vento rafficoso che scuote vigorosamente gli infissi e le chiome degli alberi, l’aria che improvvisamente diventa tiepida, asciutta e così trasparente da permettere la vista di monti lontani solitamente invisibili.

Figura 1: le Prealpi (il monte Resegone al centro) viste da Milano. Una visione così nitida dei monti è quasi certamente associata al foehn da nord. Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Le_Alpi_viste_da_Milano_Ovest_nel_2018.jpg

Non sempre il Foehn si manifesta con caratteristiche così nette come quelle descritte, a volte il vento non risulta molto intenso, oppure la temperatura dell’aria sale di poco (questo può succedere, come capiremo, se la massa d’aria in origine è molto fredda). All’interno di una valle, ad esempio, potrebbe capitarci di confondere una brezza notturna con un episodio di debole Foehn, oppure potremmo scambiare per Foehn un vento “strano” generato da un forte temporale nelle vicinanze. Perché un flusso d’aria sia classificato come Foehn, e qui torniamo alla definizione iniziale, è necessario che la corrente abbia scavalcato una dorsale montuosa e per saperlo potrebbe essere indispensabile un’analisi della situazione meteorologia che metta in evidenza la distribuzione della pressione e la direzione delle correnti in quota (un esempio in figura 2).

Figura 2. Analisi (ECMWF) dell’altezza del geopotenziale a 700 hPa (circa 3000 m), relativa all’intenso episodio di foehn da nord che interessò la valle padana il 21 Gennaio 2005 (foto satellitare all’inizio dell’articolo). A Milano si toccarono 18°C con un’umidità relativa inferiore al 30% e vento prossimo a 50 km/h. Fonte: https://www.eumetsat.int/media/46975

Quali sono le cause del riscaldamento del Foehn?

In alcuni manuali di meteorologia ancora oggi la descrizione del Foehn utilizza come riferimento quella che talora è denominata teoria termodinamica, una descrizione proposta già nell’Ottocento. Secondo questa semplice teoria la massa d’aria che raggiunge la base dell’ostacolo orografico (che chiameremo A) è forzata dal gradiente barico a salire lungo il pendio raffreddandosi (seguendo un processo adiabatico secco, perdendo quindi circa 1°C ogni 100 m) fino al livello di condensazione. Da questo punto in avanti, a causa del calore latente liberato dalla condensazione, l’aria si raffredda ad un tasso inferiore (circa 0.6°/100 m); infine dalle nubi cadono le precipitazioni. Dalla cima, successivamente, l’aria scende sul versante sottovento, dove le nubi in essa contenuta evaporeranno, fino a raggiungere la località C che supporremo alla stessa quota di A. In questo schema il punto chiave è la formazione ed il rilascio delle precipitazioni sul versante sopravvento: solo in questo caso, infatti, l’aria giungerà in C più calda e più secca che in A.

Senza precipitazioni i processi termodinamici che si verificano sottovento sono perfettamente simmetrici a quelli in atto sopravvento (ad esempio, l’evaporazione della nube sottrae l’identica quantità di calore che era stata assorbita durante la condensazione). E’ stato chiaro da subito che questa descrizione dell’effetto Foehn, in sé non sbagliata, risulta come minimo largamente incompleta, poiché il Fohen viene osservato di frequente anche in assenza di piogge o nevicate sopravvento ad una catena montuosa.

Figura 3. Schema descrittivo dei processi che contribuiscono all’effetto foehn. La spiegazione dei vari termini è nell’articolo. Da: https://doi.org/10.1175/BAMS-D-14-00194.1

Con l’aiuto della figura 3 illustreremo brevemente quali sono gli ingredienti mancanti per una descrizione esaustiva del fenomeno. Il più importante è certamente il trasporto dell’aria dall’alto, legato al blocco del flusso nei bassi strati sopravvento all’ostacolo (“blocked flow” nella figura). In determinate e piuttosto comuni condizioni (dipendenti dalla velocità del flusso e dalla stabilità della massa aria) la corrente nei bassi strati (punto A) non possiede sufficiente energia per scavalcare l’ostacolo e pertanto resta bloccata, a formare una sorta di gradino sopra il quale scorrerà il flusso a una quota maggiore (B), il quale riuscirà a superare la montagna (traiettoria BC).

Ma perché l’aria che giunge in C, (partita da B) è di regola più calda rispetto all’aria posta alla stessa quota in A? Questo è il punto cruciale e forse meno ovvio per chi non avesse troppa familiarità con la fisica dell’atmosfera. La spiegazione risiede nel fatto che la stratificazione termica normale dell’atmosfera è quasi sempre ben lontana da un profilo adiabatico secco: in parole povere la temperatura non diminuisce di 1°C ogni 100 m di quota, ma quasi sempre un po’ meno e a volte, specie nella stagione fredda, anche molto meno.
Quando l’aria lungo il percorso BC inizia a scendere però si comprime riscaldandosi adiabaticamente di 1° per ogni 100 m di discesa e per questo motivo in C sarà più calda che in A. Se è chiaro questo concetto non sarà difficile comprendere il secondo meccanismo che chiameremo “rimescolamento turbolento” (freccia rossa/Sensible Heat in figura 3). Qui basterà ricordare che l’orografia induce naturalmente turbolenza nel flusso che la scavalca e che i moti caotici tenderanno a mescolare l’aria che percorre il tragitto BC con l’aria presente a quote superiori (incidentalmente, ciò avviene regolarmente anche a basse quote ed è il motivo per cui di norma nelle notti ventose le temperature si abbassano meno di quando l’aria è ferma). L’ultimo meccanismo da considerare è anche quello più semplice: il ruolo della radiazione solare (radiative heat in figura 3). Poiché il Foehn è spesso accompagnato dal rasserenamento del cielo, è chiaro che anche i raggi solari che giungono al suolo non schermati dalle nubi daranno il loro contributo nel riscaldare le aree interessate dal vento di caduta.

Altocumuli lenticolari illuminati dal sole al tramonto in una serata di foehn sul lago di Como. La forma particolare di queste nubi è dovuta all’ondulazione della corrente che supera l’arco alpino. Foto di Letizia Molinari.

Riassumendo, il riscaldamento del Foehn può essere ricondotto ad almeno quattro processi, i quali possono essere all’opera anche contemporaneamente, pur dando contributi di volta in volta con peso diverso. Il blocco con trasporto sottovento di aria dall’alto è probabilmente il meccanismo più frequentemente in azione (è difficile immaginare, in particolare per una catena montuosa imponente come quella alpina, che almeno una parte del flusso dei bassi strati non sia bloccata) mentre il ruolo della radiazione in generale sarà minore, specialmente in inverno. Alcune ricerche hanno provato ad esplorare questo tema quantitativamente: Würsch e Sprenger (in questo articolo) per esempio hanno mostrato che il Foehn da sud che si manifesta nella valle della Reuss nella svizzera nord alpina è composto di aria proveniente prevalentemente dai bassi strati della Pianura Padana che ha superato il passo del San Gottardo, mentre il Foehn da sud che giunge in Austria nella valle dell’Inn deriva più frequentemente dai livelli superiori. In generale, quindi, e potevamo aspettarcelo, la geografia gioca un ruolo di primo piano nella modulazione del fenomeno: un esempio classico è fornito dai valichi o dalle incisioni presenti in una catena montuosa. Il flusso che attraversa la catena attraverso un valico (gap flow) subisce una deflessione minore verso l’alto e pertanto subirà un riscaldamento inferiore rispetto alla stessa corrente costretta a scavalcare la dorsale a una quota maggiore.

Fonti e approfondimenti

Elvidge A., Renfrew I., 2016: The Causes of Foehn Warming in the Lee of Mountains, Bull. Amer. Meteor. Soc.,97,3; https://doi.org/10.1175/BAMS-D-14-00194.1
https://www.metoffice.gov.uk/weather/learn-about/weather/types-of-weather/wind/foehn-effect
M. Würsch, M. Sprenger, 2015, Swiss and Austrian Foehn revisited: A Lagrangian-based analysis, Meteorologische Zeitschrift; https://doi.org/10.1127/metz/2015/0647

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