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Final Warming: nuove ondate di freddo tardivo nel cuore della primavera? L’analisi

Nel precedente articolo dedicato all’evento di Major Midwinter Stratwarming (MMWs) previsto e poi effettivamente osservato all’inizio di gennaio 2021 ci siamo soffermati sulle dinamiche di questo particolare fenomeno di riscaldamento anomalo ed improvviso della Stratosfera e delle sue potenziali conseguenze meteorologiche “ai piani bassi della troposfera”, ovvero alle quote che interessano di più a noi terrestri.
Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia: di eventi freddi e di ondate di maltempo di stampo invernale in giro per il Vecchio Continente ne abbiamo visti, e non solo. Gran parte dell’emisfero settentrionale è stato protagonista di episodi invernali significativi, alcuni di portata storica, come quello avvenuto negli Stati Uniti meridionali e in particolare in Texas a cavallo tra la seconda e la terza decade di febbraio.

Anomalia della T al suolo osservata negli Stati Uniti nel periodo 15-22 febbraio 2021 rispetto alla norma climatica (fonte: NOAA)

L’Italia in termini di freddo e di neve, non ha visto granchè, a conferma di quello che ripetiamo sempre quando ci troviamo di fronte a potenziali eventi di stratwarming: la propagazione delle massa d’aria fredda dalle latitudini artiche (ovvero da latitudini superiori i 60 ° nord) avviene nei modi più disparati e possono interessare solo alcune nazioni, risparmiandone altre le quali, paradossalmente, rischiano di trovarsi sulla traiettoria di risalita di masse d’aria ben più temperate proveniente dalle basse latitudini.

Mentre per il nostro Paese la seconda parte dell’inverno si è dimostrata alquanto monotona e scialba, salvo brevi e modeste incursioni fredde, per altri territori dell’Europa settentrionale e continentale si è rilevata molto più severa in termini di freddo, oltre che perturbata, con ripetuti episodi nevosi. Tra questi vale la pena ricordare quello di inizio febbraio, con la peggiore ondata di gelo e bufere di neve degli ultimi 10 anni per le Isole Britanniche, la Francia, i Paesi Bassi, la Germania e il vicino Est europeo e termometri fino a -23/-24 gradi tra la Bassa Sassonia e l’Assia, nel cuore della Germania.

Temperature minime registrate all’alba di mercoledì 10 febbraio in Europa. Si notino i -20/ -23 gradi nel cuore della Germania (fonte: meteociel.fr).

I grandi SSWs, di cui abbiamo già abbondantemente approfondito, sono più tecnicamente “major midwinter warmings” (MMWs), come quello del recente inverno, e sono generalmente seguiti da un recupero del Vortice Polare stratosferico tra la seconda metà di febbraio e il mese di marzo, prima di un fisiologico riscaldamento della Stratosfera, indotto dall’incalzare della nuova stagione. Un po’ quello che sta accadendo in queste settimane, ma con alcune periodiche oscillazioni dovute al fatto che durante l’inverno appena concluso il Vortice Polare è risultato piuttosto debole e ancora fatica a riprendersi.

È possibile che il prossimo evento di riscaldamento stratosferico atteso nel corso del mese di aprile diventi quello che è noto come un riscaldamento stratosferico finale dinamico (FSW), noto anche come grande riscaldamento stratosferico improvviso finale (major final warming, MFW).
Il Final Warming si riferisce alla transizione della stratosfera alla “modalità estiva” – quando il Vortice Polare si dissipa e si sviluppano le easterlies (i venti con moto retrogrado, da est verso ovest, lungo la circonferenza del pianeta, sopra i 5 Km di altitudine, alle medie-alte latitudini, che persistono fino a fine agosto/inizio settembre quando il vortice torna ad approfondirsi). Si tratta dunque di un normale “decadimento stagionale”, più semplicemente dovuto alle implicazioni termodinamiche, ovvero come conseguenza della radiazione solare che ritorna e riscalda la regione polare. Climatologicamente, l’ultimo giorno di media zonale occidentale (cioè delle westerlies) è il 12 aprile.

Tuttavia, a volte, un improvviso riscaldamento guidato dagli stessi processi dinamici che causano i MMW può verificarsi così tardi nella stagione che il Vortice non è in grado di recuperare quando il Sole ritorna al Polo. Questo diventa allora un FSW dinamico, ovvero un riscaldamento che è indotto non solo dal fisiologico riscaldamento dovuto al progressivo aumento della radiazione solare in prossimità della calotta polare, ma alimentato da un contributo che arriva dai piani bassi, dunque dalla troposfera, con trasferimento di calore dal basso verso l’alto ad opera di onde planetarie semi-stazionarie e in parte convergenti verso l’area del Polo Nord.

Da quanto appena detto, si intuisce che gli eventi di Final Warming avvengono tutti gli anni a inizio primavera. Ma allora perché non ricevono la stessa attenzione dei MMW che avvengono in pieno inverno?
Ci sono almeno un paio di ragioni. I FW sono dinamicamente diversi in quanto il comportamento dell’onda planetaria che segue l’evento è diverso (dato che le easterlies stratosferiche rimangono). La tempistica della tarda stagione degli eventi significa che le incursioni di freddo non si verificano con la stessa gravità e le risposte troposferiche spesso si perdono nella transizione stagionale (con le correnti a getto troposferiche e le tracce delle tempeste che evolvono dalla modalità invernale alla modalità primaverile). C’è poi anche la considerazione della grandezza dell’anomalia – i venti zonali stratosferici sono deboli o orientali durante il mese di aprile, indipendentemente dal fatto che si sia verificato un FSW dinamico, che è molto diverso dal pieno inverno.

Tornando ai fatti “di casa nostra”, quanto accaduto nelle ultime settimane è in parte riconducibile allo stato del Vortice Polare stratosferico, la cui salute è fotografata dall’indice NAM (Northern Annular Mode Index).
Dopo una parte centrale dell’inverno dominata da un Vortice Polare debole per via dello Stratwarming di inizio gennaio, da fine febbraio la situazione si è ribaltata, con un Vortice Polare mediamente più forte (Stratcooling). Nell’immagine che segue, il colore che dalle alte quote si estende verso il basso testimonia una possibile influenza della stratosfera sul tempo delle medie latitudini in bassa troposfera.

Si noti la propagazione dello Stratcooling di inizio marzo fino ai piani più bassi della troposfera, con le conseguenze sul tempo osservate nella prima parte del mese: tempo stabile e temperature ben oltre la norma sull’Italia.

Un altro indice che ci fornisce un’idea precisa sulla forza del Vortice Polare è l’AO (Artic Oscillation). Nell’inverno appena passato, coerentemente con il NAM, l’AO index è rimasto negativo fin quasi a fine febbraio, per poi virare in positivo.

Si notino i picchi sia in negativo (-5 sigma a febbraio) che positivi in marzo, con una prima influenza stratosferica sul jet stream che ha portato il picco di AO oltre i +5 sigma il 13 marzo e un secondo picco a + 4 sigma intorno al 23 marzo.

Tra i due picchi di AO positiva della seconda metà di marzo, invece, si colloca il valore di AO intorno alla neutralità di metà mese, a cui è stato associato il colpo di coda invernale che ha investito mezza Europa, Italia compresa, nei giorni a cavallo dell’equinozio di primavera (20 marzo): un’irruzione artica in grande stile, che ha riportato le temperature fino a 6-7 gradi sotto la norma, gelate tardive al Nord e neve fino a bassa quota lungo l’Appennino centro-meridionale.

Si noti la “lingua” di aria molto fredda alla quota di 850 hPa (fino a – 5 / -10 °C a circa 1500 m) che, tra il 20 e il 21 marzo, si propaga dagli Urali fino al cuore del mar Mediterraneo (fonte: wetterzentrale.de)

Quanto sta accadendo in questi giorni, invece, è figlio del nuovo ricompattamento del Vortice Polare, che tende a contenere la massa d’aria fredda al suo interno e al di sopra dei 60° di latitudine, mentre dalle basse latitudini si espande prepotentemente l’alta pressione di matrice sub-tropicale, con gli effetti che abbiamo appena osservato: tempo stabile e caldo anomalo su mezza Europa e sul nostro Stivale e un’anomalia termica di 8-10 °C, che ci regala temperature tipiche dell’inizio dell’estate.

Si noti la marcata anomalia termica positiva prevista in Europa dal modello ECMWF tra fine marzo e inizio aprile (fonte: ECMWF).

Il colpo di coda invernale del 20 marzo è in qualche modo legato ai primi effetti “ad intermittenza” del Final Warming che, secondo le attuali proiezioni modellistiche a lungo termine, dovrebbe manifestarsi con maggiore evidenza durante il mese di aprile e con conseguenze sul tempo a scala emisferica che potrebbero perpetuarsi fino ai primi di maggio.

Cosa dobbiamo aspettarci per aprile – inizio maggio?

La situazione attuale vede – lo abbiamo detto – un Vortice Polare stratosferico forte, con velocità dei venti zonali (westerlies) in alta stratosfera ben oltre la climatologia. Inoltre, il Vortice è ora centrato sopra la verticale del Polo Nord, di forma più circolare e ciò mantiene imbrigliato il freddo alle alte latitudini. Non a caso, stiamo sperimentando una settimana – questa di Pasqua – di caldo anomalo in mezza Europa, con temperature fino 10-12 gradi oltre la norma e un clima tipico del mese di giugno-luglio.

Temperature massime registrate Oltralpe mercoledì 31 marzo. Spiccano i 27 gradi di Colonia, i 26 di Parigi e i 25 di Eindhoven (fonte: meteociel.fr)

Tuttavia, le previsioni d’ensemble mostrano un graduale quanto fisiologico indebolimento stagionale dei venti zonali (westerlies) durante il mese di aprile, con velocità destinate a cambiare segno (e a divenire easterlies) tra la seconda metà di aprile e l’inizio di maggio.

Velocità media dei venti zonali prevista fino ai primi di maggio alla quota di 10 hPa (circa 30 Km) sopra la verticale del Polo Nord (fonte: JMA)

Nel frattempo, sulla verticale della stratosfera polare (a circa 30 Km di quota) le temperature, dopo il raffreddamento di questi giorni, tornano progressivamente a salire: il nuovo riscaldamento stratosferico e le velocità zonali che cambiano di segno sono compatibili con l’ultimo Stratwarming della stagione o Final Warming.

Durante il Final Warming la circolazione da ovest verso est in Stratosfera si inverte e si genera un anticiclone polare stratosferico. In pratica, il Vortice Polare stratosferico scompare, una situazione che resta poi immutata fino all’autunno quando tenderà a riformarsi, a causa dell’altrettanto fisiologico raffreddamento radiativo.

Solo con i FW di tipo dinamico si può verificare una propagazione di ciò che avviene ai “piani alti” dell’atmosfera verso i “piani bassi”, andando così ad inficiare sulla circolazione delle medie latitudini, con un riversamento dell’aria fredda di estrazione artica verso sud, grazie alla formazione di un potente anticiclone di blocco tra l’Atlantico settentrionale e la Groenlandia.

Secondo la statistica, durante gli inverni con stratwarming è più probabile che il Final Warming sia tardivo, dopo il 15 aprile. Il motivo deriva dal fatto che negli inverni caratterizzati da stratwarming il Vortice Polare ci impiega più tempo per riformarsi. Dunque, vi sono i presupposti perché l’evoluzione del tempo per la seconda parte di aprile e per l’inizio di maggio possa rivelarsi ancora molto turbolenta e con occasione per altri episodi di maltempo di stampo tardo invernale sul Vecchio Continente. Temperature inferiori alla norma e precipitazioni superiori alla media si potrebbero osservare in parte anche sull’Italia, con una maggiore probabilità per le regioni centro-settentrionali.

Dall’estate all’inverno in pochi giorni

E’ ancora prematuro poter dire se questo Final Warming sarà di tipo radiativo o dinamico: quello che ormai sembra quasi certo è che i segnali di una modifica della circolazione atmosferica a scala sinottica (europea) si avvertiranno già a partire dal ponte pasquale. Ma il colpo di scena arriverà nella prima settimana di aprile, con il ritorno dell’inverno pieno in Europa.
I modelli a nostra disposizione, infatti, confermano ben due irruzioni di aria fredda di origine artica, molto ravvicinate tra loro.

La prima, tra sabato 3 e domenica 4, si propagherà dall’Europa settentrionale verso quella orientale e balcanica, con marginale interessamento dell’Europa centrale e dell’Italia.

La seconda, in propagazione a quasi tutto il nostro continente tra lunedì 5 e giovedì 8, molto più intensa della precedente: investirà dapprima l’Europa occidentale e centrale, successivamente anche l’Europa orientale, l’Italia, il cuore del mar Mediterraneo e il nord della Penisola iberica.

Media d’ensemble del modello ECMWF: T a 850 hPa (circa 1500 m) prevista per le ore 2 di mercoledì 7 (fonte: meteociel.fr).

In questa seconda ondata esiste il rischio concreto di neve fino a quote di pianura in vaste aree del continente, con maggiore intensità tra Germania, Svizzera, Austria, comparto alpino (fino al fondovalle) e Balcani occidentali. In Italia rischio neve fino a quote basse per il periodo (anche ben sotto i 1000 m) sul versante meridionale delle Alpi e sull’Appennino-centro-settentrionale.

Insomma, nel giro di una settimana si passerebbe da valori di 8-10 gradi oltre la norma a valori fino a 6-8 gradi inferiori alla media stagionale: potremmo definirlo un secondo è più rilevante colpo di coda dell’inverno su almeno tre quarti di Europa, destinato ad attenuarsi solo dopo il 12 di aprile.

Al di là del freddo, che in questo periodo dell’anno può solo fare danni, se consideriamo le precipitazioni nevose attese fino a bassa quota e le gelate tardive fino a quote di pianura, auguriamoci che la fase turbolenta all’orizzonte possa interrompere la lunga fase siccitosa che attanaglia le regioni del Nord Italia ormai da quasi due mesi.
Le oscillazioni brutali del tempo e del clima che abbiamo osservato sino ad oggi e che ancora osserveremo nel prossimo futuro non sono altro che la tragica conseguenza di un cambiamento climatico ormai galoppante e alla massima potenza espressiva.

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