Milano e l’inchiesta giudiziaria sull’urbanistica

Milano, Luglio 2025 – Durante l’ultima ondata di caldo, Milano ha contato 317 morti legate alle temperature estreme. È il dato più alto tra le 12 città europee analizzate da uno studio dell’Imperial College London e della London School of Hygiene & Tropical Medicine. Un numero che fa male, ma soprattutto che racconta una città fragile. Troppo spesso celebrata come modello, mentre per molti è diventata inaccessibile, diseguale, insostenibile.
«Noi che a Milano ci andiamo, per la moda e la radio. A cercare contatti, perché lì stanno le cose». Così cantavano I Cani dodici anni fa, quando questa città era già complessa, ma ancora capace di offrire opportunità. Oggi Milano – quella reale, vissuta da chi ci abita – è cambiata. E dobbiamo farci i conti, come se li fanno ogni mese un numero crescente di famiglie.
Abitare a Milano costa troppo. Settecento euro al mese per una stanza condivisa è fuori portata per uno studente. Millequattrocento euro per un bilocale è troppo per un lavoratore, o per una famiglia con reddito medio. L’edilizia popolare copre appena il 3% del patrimonio residenziale, a fronte di oltre 90.000 persone sotto la soglia di povertà, secondo Caritas Ambrosiana. Nelle periferie crescono marginalità e insicurezza; al centro, invece, i grattacieli si moltiplicano – spesso per investitori che a Milano, probabilmente, non vivranno mai.
Ora è un’inchiesta giudiziaria sull’urbanistica a far cadere il sipario, il racconto stesso su cui si è costruita l’idea di una Milano vincente, moderna, resiliente. La Procura ha scoperchiato un sistema che minerebbe alle fondamenta il modello post-Expo, quello che era stato presentato come rinascita e riscatto.
Quello che emerge dalle indagini è un presunto intreccio di favoritismi, corruzione, deroghe e scorciatoie urbanistiche, che avrebbe aggirato regole fondamentali in nome di uno sviluppo che – alla prova dei fatti – ha escluso chi Milano la vive davvero. Secondo Reuters, il “boom edilizio da oltre 30 miliardi di euro” che ha travolto la città nel decennio post-Expo si sarebbe trasformato in una corsa al profitto senza freni. La chiamavano rigenerazione urbana, ma – suggerisce l’inchiesta – è stata spesso una colata di cemento, priva di reali benefici per il tessuto urbano o per l’ambiente.
Uno dei nodi più gravi che emergono dall’inchiesta sarebbe l’uso distorto delle SCIA semplificate: strumenti pensati per piccoli interventi, impiegati invece per grandi cantieri. Questo avrebbe permesso, secondo i magistrati, di eludere controlli ambientali, valutazioni d’impatto, consultazioni pubbliche. In pratica: avviare cantieri in fretta, senza coinvolgere tutte le dovute parti che avrebbero valutato – tra le altre cose – le conseguenze dirette su suolo, traffico e qualità dell’aria.
Una inchiesta del genere sembra un cortocircuito per il Comune parlava di “consumo di suolo zero”, di “Milano verde”, di “Milano 2030”. Oggi sono oltre 100 i progetti finiti sotto indagine per presunti abusi, molti dei quali in aree centrali ed ex industriali. Il caso simbolico è il “Pirellino”: approvato nonostante il parere contrario della Commissione Paesaggio, ribaltato – come riportato da Il Corriere della Sera – per pressioni dell’assessore Giancarlo Tancredi.
La delusione è grande quando si scopre che alcuni membri della stessa Commissione Paesaggio approvavano progetti su cui lavoravano anche come consulenti privati. Il nome che emerge è quello di Giuseppe Marinoni: architetto, consulente per grandi fondi immobiliari e, allo stesso tempo, membro del gruppo che autorizzava quei progetti. Secondo la Procura, avrebbe incassato oltre 3,9 milioni di euro. Una commistione inaccettabile, che fa pensare che Milano non è solo diventata una città per ricchi, ma una città per furbi.
E poi c’è il sindaco Giuseppe Sala. Per anni ha rappresentato il volto istituzionale della trasformazione urbana. Ora è formalmente indagato per induzione indebita, con l’accusa di aver favorito alcuni progetti strategici su pressione del CEO di Coima, Manfredi Catella.
Il risultato di quello che oggi ha l’aspetto di un caso di greenwashing sistemico, ora sono oltre 38 miliardi di euro bloccati con interi quartieri in sospeso.
Milano ha resistito alla pandemia, alla crisi energetica e inflattiva che ha fatto impennare i costi di vita e di gestione urbana, all’emergenza abitativa e a tante altre sfide, ma ora le serve un nuovo paradigma.
Un modello di città in cui è sostenibile abitare e in cui le persone non muoiono di caldo, in cui il verde non è solo un lusso per pochi. Ad esempio, uno studio pubblicato proprio questa estate mostra proprio come nella città di Milano la presenza di verde urbano può abbassare la temperatura di almeno 4 gradi, una condizione fortemente necessaria in una realtà già così condizionata dalla crisi climatica.
Mentre la giustizia fa e farà la sua parte accertando tutte le eventuali responsabilità penali e politiche, ricordiamoci sempre che una città può dirsi sostenibile solo se è anche giusta, accessibile, vivibile per chi ogni giorno la abita, la attraversa e la tiene viva.
Articolo tratto da www.iconaclima.it
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