Gaza sott’acqua: il maltempo colpisce chi non ha più nulla
Le forti piogge hanno allagato interi campi sfollati, contaminato l’acqua potabile e aumentato il rischio di malattie. Le agenzie ONU avvertono: bambini e neonati tra le persone più esposte.
La tempesta Byron ha colpito la Striscia di Gaza con piogge violente, vento e un brusco crollo delle temperature, travolgendo centinaia di migliaia di persone già sfollate da oltre due anni di guerra e massacri. Una quota enorme della popolazione vive in tende fragili, ripari improvvisati o edifici gravemente danneggiati. Il maltempo ha trasformato questi insediamenti in aree allagate, fangose, prive di calore e con rischi sanitari in forte crescita.
Secondo le Nazioni Unite, la situazione è destinata a peggiorare. L’Ufficio ONU per gli affari umanitari (OCHA) ha avvertito che il freddo intenso e le piogge mettono a rischio soprattutto le persone più giovani: «Le basse temperature e le piogge stanno mettendo in pericolo la vita dei neonati e di altri gruppi vulnerabili», ha dichiarato l’agenzia. OCHA ricorda che «dopo due anni di guerra, la maggior parte dei circa due milioni di abitanti di Gaza vive in rifugi di fortuna».
Tende sommerse, famiglie intrappolate
Dai campi di Rafah e Khan Younis arrivano segnalazioni continue di tende completamente sommerse dall’acqua. Le squadre della Protezione Civile palestinese hanno riferito di chiamate di emergenza da famiglie intrappolate dalla pioggia dentro ripari ormai inagibili. Alcune tende sono state evacuate, molte sono crollate sotto il peso dell’acqua.
La scena si ripete in decine di siti di sfollamento: persone che scavano fossati attorno alle tende per deviare l’acqua, coperte e vestiti fradici appesi all’aperto per un timido raggio di sole, bambini e anziani che cercano zone meno esposte.
Secondo stime delle agenzie umanitarie, quasi 850.000 persone distribuite in oltre 760 siti sono considerate ad altissimo rischio di allagamento. In molti di questi luoghi, l’acqua ha già superato i 30-40 centimetri di profondità. Più di 200 insediamenti erano stati già colpiti da alluvioni nelle settimane precedenti.
Le tende disponibili sono poche e fragili. Come hanno ribadito diversi operatori sul campo, la mancanza di materiali di base – tende, strutture temporanee, strumenti per riparare le reti idriche e fognarie – deriva dalle restrizioni israeliane al passaggio degli aiuti.
Acqua contaminata e rischio di malattie
Con gli allagamenti cresce inevitabilmente il rischio di contaminazione dell’acqua potabile. Il fango trascina rifiuti solidi e liquami dentro le tende, compromettendo anche quel poco di acqua pulita disponibile. La combinazione di freddo, umidità e scarsa igiene apre la strada a infezioni respiratorie, malattie gastrointestinali e altre patologie che in una situazione di normalità dovrebbero essere prevenibili.
Le condizioni descritte da UNRWA sono nette: «Ambienti freddi, sovraffollati e insalubri aumentano il rischio di malattie e infezioni». L’agenzia delle Nazioni Unite ricorda che questa sofferenza «potrebbe essere evitata con aiuti umanitari senza ostacoli, inclusi supporto medico e rifugi adeguati».
In parallelo, OCHA segnala che i tentativi di mitigare gli allagamenti continuano, nonostante risorse minime: rafforzamento con sacchi di sabbia, pulizia dei canali di drenaggio, distribuzione di teli e coperte. Tutti interventi tampone, utili ma insufficienti.
L’arrivo della tempesta ha spinto nuove famiglie a lasciare le zone costiere e spostarsi verso siti leggermente più elevati. Un’ennesima fuga obbligata, dopo le evacuazioni forzate dovute all’invasione israeliana: stavolta, restare significava affrontare un rischio concreto di allagamenti e ipotermia. La pressione sulle poche aree meno esposte è enorme e le tende vengono montate ovunque ci sia un metro quadrato di terreno non ancora fangoso.
Bambini e resilienza al limite
Il sistema educativo, già in ginocchio, tenta qualche passo avanti: OCHA segnala che 65 aule prima usate come rifugi sono state ripulite per avviare nuove attività scolastiche. Ma mancano i materiali, che restano bloccati al confine: «I materiali educativi continuano a essere impediti dall’ingresso, ostacolando gli sforzi per far riprendere gli studi ai bambini», scrive l’agenzia.
I più piccoli attraversano la crisi mentre il loro stesso futuro viene eroso. I dati UNICEF, pur generali e non specifici su Gaza, dipingono un quadro drammatico: «In tutta la nostra operatività, le squadre in prima linea sono costrette a decisioni impossibili», ha affermato Catherine Russell. Bambini che ricevono meno assistenza, meno servizi, meno protezioni.
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NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.
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