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SICCITÀ al Nord, quanto durerà?

Non piove e non nevica, in un inverno meteorologico finora segnato dalla siccità specialmente per il Nord-Ovest: cambierà la situazione?

In questo inverno meteorologico (per definizione i mesi di dicembre, gennaio e febbraio) per le regioni settentrionali la protagonista assoluta è finora la siccità.

L’inverno meteorologico costituisce di regola la stagione più asciutta per il Nord Italia e la regione alpina, dunque una lunga siccità in questo periodo non rappresenta un evento particolarmente inusuale (come spiega questa analisi di Meteosvizzera relativa al versante svizzero sud alpino).
Tuttavia la stagione in corso sta facendo registrare dati significativi: non piove e non nevica soprattutto sul Nord-Ovest, che nel mese di dicembre appena trascorso ha visto arrivare circa la metà delle precipitazioni tipiche del periodo (si legga questo approfondimento a cura di Simone Abelli).

Dopo un dicembre poco perturbato il nuovo anno ha esordito con cieli sereni e temperature eccezionalmente elevate in montagna (sono infatti caduti diversi record) e nelle prime due settimane in gran parte del Nord, specie a ridosso delle Alpi, non si sono verificate piogge o nevicate significative.

Fatte queste premesse, la domanda che molte persone certamente si stanno ponendo è: quanto durerà questa situazione di siccità? Possiamo aspettarci entro il medio termine delle precipitazioni abbondanti (pioggia, ma anche neve) per ricostruire le riserve idriche a basse quote e il manto nevoso in montagna?

Per rispondere occorre consultare i modelli meteorologici e in particolare le simulazioni che vanno sotto il nome di “previsioni di ensemble”, di cui avevamo già parlato in questo articolo.

siccità al nord
Figura 1. La media ensemble dell’altezza della superficie isobarica a 500 hPa prevista per la notte del 25 gennaio dal modello europeo ECMWF

La figura 1 descrive la media dell’altezza del geopotenziale sulla superficie di 500 hPa prevista dal modello europeo di ensemble dopo 240 ore (10 giorni). La mappa mostra la media dei valori prodotti dei diversi membri che costituiscono l’ensemble, e almeno per quanto riguarda l’Italia settentrionale, è di facile interpretazione: il campo anticiclonico sull’Europa occidentale (con massimi su Francia e Spagna) ricopre anche le regioni settentrionali italiane.

Chi ha un minimo di familiarità con queste mappe inoltre noterà che le correnti sull’Italia sono settentrionali e noi sappiamo che con questo tipo di circolazione le Alpi tendono proteggere il versante meridionale da ogni eventuale “perturbazione”. Per la cronaca aggiungiamo che invece tra il mar Nero ed il mar Libico è presente una circolazione ciclonica (saccatura) che coinvolge ancora marginalmente il sud della nostra penisola, la quale a sua volta è il residuo di una circolazione di aria fredda che molto probabilmente coinvolgerà l’Italia (il Sud in particolare) verso la fine della prossima settimana.

Il succo di questa breve analisi, come certamente avrete intuito, è che per almeno una decina di giorni è altamente improbabile che al Nord si possa assistere a piogge o nevicate di rilievo.

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Figura 2. Alcuni scenari a cluster prodotti dal modello europeo ECMWF EPS (Ensemble Prediction System) relativi agli ultimi giorni di gennaio.

Volendo spingersi un poco più avanti nel tempo è possibile esplorare di nuovo le notevoli risorse del sito dell’ECMWF e scegliere, tra le tante mappe disponibili, quella mostrata nella figura 2. I vari membri prodotti dal sistema di ensemble in questo caso vengono raggruppati in “clusters”, entro i quali le simulazioni si assomigliano fra loro.
I clusters più popolati rappresentano l’evoluzione in linea di principio più probabile, mentre quelli con meno rappresentanti sono soluzioni meno probabili, benché possibili. Come si può verificare nella maggior parte delle soluzioni il Nord Italia, e particolarmente il Nord-Ovest, resta in un modo o nell’altro sotto l’influsso di un’anomalia anticiclonica fino alla fine del mese in corso, anche se per il giorno 30 alcuni membri (l’ultima mappa in fondo a destra della figura 2) propongono uno scenario più dinamico e una saccatura sopra l’Italia.

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Figura 3: Frequenza dei diversi regimi circolatori previsti dal modello ECMWF EPS nelle prossime settimane.

Con riferimento alle figura 3 e 4, qui di seguito, mostriamo infine uno sguardo a lunga gittata (in questo caso arrivando fin quasi alla fine di febbraio), sempre con l’aiuto delle elaborazioni del centro europeo.
Pure con tutte le cautele del caso, (parliamo di previsioni a oltre un mese) sembra possibile affermare che anche febbraio, almeno secondo i modelli ECMWF, non sia intenzionato a proporre modalità di circolazione particolarmente favorevoli a precipitazioni rilevanti sul nostro Paese, e in particolare al Nord.

Le barre blu indicano che da Febbraio lo schema circolatorio più probabile sarà del tipo NAO+ (fase positiva della North Atlantic Oscillation, si veda la figura 4 per maggiori dettagli), un “pattern” che sull’Italia si traduce in clima asciutto e mite. La seconda modalità più probabile (barre rosse) è denominata “Scandinavian Blocking”, un pattern che difficilmente può condurre a piogge di rilievo sul nord del Paese.

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Figura 4: La definizione dei principali regimi circolatori in Europa secondo ECMWF: BLO sta per “Blocking”,

A conclusione di questo breve articolo, ci troviamo purtroppo a dover deludere le aspettative di chi si aspetta, almeno nel breve, abbondanti nevicate in montagna sulle Alpi, o di chi è giustamente preoccupato per le scarse risorse idriche o per una primavera troppo precoce con conseguenti fioriture anticipate (in particolare agricoltori e produttori di energia idroelettrica).
Queste previsioni, naturalmente, potranno rivelarsi corrette solo in parte, ma paiono coerenti con lo stato attuale della stratosfera (vortice stratosferico polare molto intenso e compatto) che in inverno può condizionare la troposfera sottostante.

Non conosciamo ancora di preciso quale possa essere il ruolo esercitato dal cambiamento climatico nella fase di siccità in corso, o meglio: sappiamo ormai con certezza che il riscaldamento globale rende le stagioni più calde (pensiamo ai record di caldo registrati a capodanno), mentre è assai più arduo attribuire al cambiamento climatico un trend significativo nella frequenza dei diversi regimi circolatori, e questo a causa della grande variabilità interna che caratterizza l’atmosfera anche su scale temporali decennali.

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