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Meteo e musica: le sfumature dell’anima, molte e variabili come il tempo atmosferico

Le produzioni artistiche sono spesso influenzate dall’ambiente circostante e, tra tutti i fenomeni geofisici che possono esercitare delle influenze, il tempo meteorologico è probabilmente il più significativo perché vi siamo esposti come individui direttamente e quotidianamente.

Fino a che punto il meteo ispira i compositori? Si sono interrogati con metodo su questo argomento due fisici dell’atmosfera, la dottoressa Karen Aplin, del Dipartimento di Fisica dell’Università di Oxford, e il dottor Paul D. Williams, del Dipartimento di Meteorologia dell’Università di Reading. I due studiosi hanno catalogato e analizzato le rappresentazioni del tempo meteorologico nella musica classica dal XVII secolo ai giorni nostri per provare a tracciare la possibile influenza del meteo nel modo di pensare e comporre.

Il dottor Williams ha dichiarato: “Abbiamo scoperto che i compositori sono generalmente influenzati dal proprio ambiente nel tipo di tempo che scelgono di rappresentare. Come si addice allo stereotipo, i compositori britannici sembrano sproporzionatamente desiderosi di rappresentare situazioni meteo variabili e le coste tempestose del Regno Unito”.

Come illustrato nel paper Whether weather affects music, lo studio si è concentrato sulla musica orchestrale siccome il concetto di orchestra non ha avuto sostanziali variazioni o mutamenti di significato nel tempo. I risultati hanno mostrato che le tempeste, il vento e la pioggia sono i fenomeni meteo più rappresentati, presumibilmente per la loro intrinseca drammaticità e rappresentazione del tumulto emotivo.

Le sfumature dell’anima sono variegate e variabili come lo è il tempo meteorologico. Se la tempesta può essere dunque allegoria del turbamento emotivo, il vento può avere una varietà di caratteri: da una leggera brezza che fruscia tra gli alberi, come all’inizio del terzo movimento della Symphonie Fantastique di Berlioz, a una possente tempesta antartica, come nella Sinfonia Antarctica di Vaughan Williams. 


I due studiosi raccontano di come Strauss avesse bisogno di una particolare composizione di elementi naturali per comporre, ovvero sia del sole che del paesaggio alpino. Diversi altri compositori, come Berlioz, Schubert e Wagner, dipendevano anche da condizioni atmosferiche stabili, associate quindi ad alta pressione, per la loro migliore produzione. Wagner, ad esempio, si riferiva all’avversità del tempo meteorologico quando scriveva: “Questo è un tempo terribile. Il mio lavoro è stato messo da parte per due giorni e il cervello sta rifiutando ostinatamente i suoi servizi”.

Sembra inevitabile che le condizioni atmosferiche influenzino l’espressione artistica e che talvolta i compositori evochino sentimenti ed emozioni attraverso elementi che ciascuno di noi conosce, come tramonti, tempeste, sole battente e così via. Metafore e allegorie che non fanno solo parte della musica del passato ma sono una risposta culturale propria anche del presente. 

Per accompagnare questa lettura vi proponiamo l’ascolto di una giovane artista emergente, Cristina Erhan, la cui ultima uscita prende proprio il titolo “Temporali”.

“Temporali” è una storia fragile che vuole diventare forte, un lieto fine che si trasforma in un nuovo inizio permettendo di trovare se stessi. È la storia di qualcuno che è abituato a perdere e non crede di meritarsi una vittoria. Il brano “Temporali” si può immaginare come un insieme di scatti di una polaroid che catturano ogni attimo lasciando trasparire le emozioni di quei momenti e resistendo al passare del tempo. Scappare, amare, raccontarsi, capirsi, baciarsi, litigare e poi fare pace. Racconta la voglia di dare tutto di se stessi a un’altra persona fino a scomparire senza aspettarsi niente in cambio.

Della stessa artista anche il singolo “Tempesta”, metafore attraverso le quali Cristina Erhan racconta la sua storia e la sua volontà di libera espressione della propria identità in un trionfo di amore totalizzante.

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