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Inquinamento: alta pressione e aria ferma, nuovi sforamenti in pianura

L’alta pressione che da giorni domina la scena meteo sull’Italia sta creando una situazione tipica dei periodi più critici per la qualità dell’aria, con un preoccupante aumento dell’inquinamento. La stabilità atmosferica impedisce il rimescolamento dell’atmosfera, il vento è quasi assente e l’umidità resta intrappolata nei bassi strati. In queste condizioni le sostanze inquinanti si accumulano e lo smog torna a farsi vedere con insistenza, soprattutto sulla Pianura Padana, dove l’inquinamento cresce rapidamente quando l’aria non circola.

Ieri i livelli di PM10 hanno superato di nuovo il limite dei 50 µg/m³ in molte località lombarde. ARPA Lombardia registra 68 µg/m³ a Rezzato, 61 a Milano e Pioltello, 60 a Mantova e Monza. Anche il PM2.5 ha mostrato medie ampiamente oltre la soglia di 25 µg/m³: 49 a Monza, 47 a Soresina, 44 a Lodi, 43 a Cremona, 42 a Milano e 41 a Mantova. È un quadro inequivocabile, che conferma un peggioramento dovuto principalmente alla combinazione di inversione termica, assenza di vento e forte pressione atmosferica.

Inquinamento dell’aria, i rischi per la salute

Il particolato atmosferico, che comprende PM10 e PM2.5, è una miscela complessa di particelle solide e liquide che arrivano da fonti naturali, come polveri, pollini e aerosol marino, ma soprattutto da attività umane, come riscaldamenti domestici, traffico e processi industriali. Le particelle più grandi tendono a fermarsi nelle prime vie respiratorie, mentre quelle più fini riescono a penetrare più a fondo nei polmoni e in parte nel circolo sanguigno, trasportando sostanze come idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti. È questo mix, non solo la dimensione, a determinare la pericolosità del particolato attraverso effetti sinergici.

L’esposizione prolungata a livelli elevati di particolato è collegata a un aumento delle morti premature per malattie respiratorie e cardiovascolari, a un incremento dei ricoveri per difficoltà respiratorie e all’aggravamento di condizioni croniche come asma e bronchite.
Le persone più fragili, come anziane, bambini e chi vive con patologie cardio-respiratorie, risultano più esposte. A queste si aggiungono le comunità che si trovano già in condizioni socio-economiche difficili, spesso residenti o impiegate in aree dove l’inquinamento è costante e più intenso.

La Pianura Padana resta uno degli scenari più critici d’Europa non solo per il volume di emissioni, ma anche per la sua morfologia. Le montagne che la circondano ostacolano il ricambio d’aria e trasformano gli episodi di alta pressione in situazioni di stasi atmosferica prolungata. Senza vento né precipitazioni, la concentrazione degli inquinanti aumenta rapidamente. E, anche se gli ambienti interni attenuano in parte l’esposizione, una quota degli inquinanti esterni riesce comunque a penetrare nelle abitazioni.

I limiti normativi prevedono per il PM10 un tetto giornaliero di 50 µg/m³, da non superare più di 35 volte l’anno, e una media annuale massima di 40 µg/m³. Per il PM2.5 la soglia consentita è di 25 µg/m³ come media annua. La ricerca scientifica non isola mai gli effetti di un singolo inquinante, perché in atmosfera agiscono contemporaneamente molti fattori. Per questo lavora su stime probabilistiche, valutando quanto l’aumento delle concentrazioni influenzi il rischio per la salute di una popolazione. È l’approccio alla base degli studi di Health Impact Assessment, che aiutano a capire quante persone potrebbero essere protette riducendo l’esposizione.

L’ondata di alta pressione in corso dimostra ancora una volta quanto rapidamente la qualità dell’aria possa peggiorare quando mancano vento e precipitazioni. Ed è un promemoria piuttosto chiaro della necessità di ridurre le emissioni alla fonte, perché quando l’atmosfera si ferma, tutto ciò che immettiamo resta con noi.

 

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NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

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