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Il maltempo batte in ritirata ma l’Emilia-Romagna è ancora sott’acqua

Le perturbazioni non sono l’unica causa dei fenomeni alluvionali dovuti alle piene fluviali e dalle precipitazioni intense ma anche le mareggiate sono una costante in questo periodo dell’anno, soprattutto quelle che generano inondazioni: fenomeni complessi dovuti alla concomitanza di più fattori.

Come ben sappiamo l’acqua alta (o granda, come si pronuncia nel dialetto veneto) ha una rapporto ben diretto con le fasi ascendenti della marea astronomica (hig tide) che si possono sommare al sovralzo atmosferico (surge) assieme alla magnitudo energetica che genera l’impatto dell’onda sulla porzione di riva conseguentemente all’azione del moto ondoso. E nella giornata di venerdì 27 ottobre la rete di monitoraggio meteo-marina ha confermato l’andamento in merito alla criticità costiera prevista in Emilia-Romagna. Se però da una parte le ultime componenti erano leggermente favorite da condizioni meteo-marine in graduale miglioramento, e comunque soggette da una ventilazione proveniente da sud-ovest anziché da sud-est, tutt’altro non possiamo dire del superamento della soglia di attenzione del livello del mare (che è di 0,8m) avvenuto venerdì scorso che è stato determinato sia dai valori dell’alta marea sia dal fenomeno delle ‘sesse’, ovvero le oscillazioni libere della superfice del mare che, in un bacino semichiuso come quello Adriatico, possono persistere anche per diversi giorni dopo la cessazione dei fattori perturbativi che le hanno innescate.

 

Così i mareografi portuali hanno registrato puntualmente livelli idrometrici che da Cattolica a Porto Garibaldi, passando per Ravenna, si sono attestati attorno al metro o poco più.

Certamente non paragonabili all’evento dell’anno scorso, quando, il 22 novembre, in seguito ad una mareggiata dal contenuto energetico molto elevato raggiungemmo il picco massimo a Porto Garibaldi di 1,45 m: il valore più alto registrato si tratta del valore più elevato dopo gli eventi del 1966, 1979 e 1992 che diedero luogo ad abbondanti segnalazioni di danni lungo le coste, soprattutto quella del ferrarese. In questo modo si nota come il massimo livello del mare presenti una marcata variabilità, con il valore più elevato (1,94 m) rilevato nel 1966. Tuttavia, al di là della scarsità delle osservazioni, il numero di eventi per anno evidenzia un progressivo aumento degli episodi dagli anni ’50, con un periodo stabile dai ’70 ai ’90, e un forte incremento negli ultimi dieci anni (Canestrelli et al., 2001).

Un altro interessante confronto è quello con la distribuzione del numero di mareggiate per anno e dell’energia associata al moto ondoso. Gli ultimi anni si sono osservati frequenti eventi di mareggiate che hanno determinato impatti significativi lungo le aree litoranee. Ulteriori situazioni critiche, come sottolineato da alcuni studi scientifici (Ferreira, 2005), si verificano quando gli eventi di mareggiata si succedono in tempi ravvicinati; in questo caso gli impatti sull’arenile possono essere pesanti malgrado il livello energetico di ciascuno di essi sia basso e nonostante le quote del livello del mare non siano particolarmente elevate.
Queste situazioni si sono verificate di frequente nell’ultimo decennio, con conseguente aumento della vulnerabilità della costa, e possono aver influenzato il numero di segnalazioni di danni. Come ulteriore elemento aggravante non possiamo dimenticare il fenomeno della diffusa subsidenza del territorio costiero che agisce lentamente e inesorabilmente provocando un’accentuazione degli impatti e la continua crescita urbana della nostra Riviera che aumenta gli elementi esposti al rischio di mareggiata (Perini & Calabrese, 2010). Insomma, anche se la marea nella Laguna sembra un lontano ricordo grazie al sistema MOSE gli eventi, una volta definiti eccezionali, continuano a ripetersi con un ritmo piuttosto allarmante sull’Alto Adriatico, considerando che negli ultimi 5 anni se ne verificano almeno uno all’anno.

Articolo redatto da Roberto Nanni – Tecnico Meteorologo AMPRO
Immagini: Roberto Nanni

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