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Agricoltura allo stremo per la siccità, l’allarme Coldiretti: “abbiamo già perso un terzo delle produzioni nazionali”

Siamo ancora nella prima parte dell’estate e i campi sono già allo stremo per la siccità, che sta provocando gravi danni anche all’allevamento e alla produzione di cozze e vongole. Questo l’allarme della Coldiretti, che avverte: in media è già andato perso un terzo delle produzioni nazionali, dalla frutta al mais, dal frumento al riso, dal latte alle cozze e alle vongole.

A preoccupare, adesso, la nuova potente ondata di caldo che si sta aprendo in Italia: aggraverà l’emergenza raccolti, avverte la Coldiretti, e sottolinea che serve «stipulare accordi di filiera per aiutare le aziende contro i drammatici effetti dei cambiamenti climatici e delle tempeste sui mercati internazionali causate dalla guerra in Ucraina».

Secondo la Coldiretti è di fatto in grave rischio per la siccità quasi la metà degli agricoltori italiani, il 46 per cento, per un totale di 332mila imprese con la probabile estensione dello stato di emergenza per la siccità ad altre quattro regioni (Lazio, Umbria, Liguria e Toscana) annunciata dal Ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli dopo che il consiglio dei ministri lo aveva già deliberato per Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.

In Italia – spiega Coldiretti – si registrano già cali del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi. Si registra poi un -20% per le cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, dove – evidenzia la Coldiretti – si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette con decine di migliaia di ettari devastati. Siamo di fronte – spiega la Coldiretti – a un impatto devastante sulle produzioni nazionali con danni che superano i 3 miliardi di euro.

Con l’Italia che è dipendente dall’estero in molte materie prime – sottolinea la Coldiretti – e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo, il rischio è un aumento delle importazioni dall’estero, ma anche un ulteriore aggravio di costi soprattutto per gli allevamenti, che dipendono dai cerali e dai foraggi per l’alimentazione degli animali. Un’impennata che si aggiunge all’aumento della spesa per energia e materie prime spinto dalla guerra in Ucraina, facendo salire il conto per le aziende agricole alla cifra di oltre 9 miliardi di euro.

«Serve responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore anche combattendo le pratiche sleali nel rispetto della legge che vieta di acquistare il cibo sotto i costi di produzione«, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

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