Peter Greene, addio all’attore cult di Pulp Fiction e The Mask
Peter Greene, iconico volto dei cattivi anni ’90 in Pulp Fiction e The Mask, è stato trovato morto a 60 anni nel suo appartamento di New York. Cause del decesso ancora da chiarire.
La morte di Peter Greene, attore statunitense diventato un’icona del cinema degli anni ’90 grazie ai suoi ruoli da villain in film come Pulp Fiction e The Mask, ha scosso il mondo dello spettacolo. L’interprete, 60 anni, è stato trovato senza vita nel suo appartamento nel Lower East Side di New York nel pomeriggio del 12 dicembre, e per il pubblico è subito scattato il ricordo di uno dei volti più inquietanti e magnetici della stagione d’oro del cinema anni ’90.
La morte di Peter Greene a New York
Secondo quanto reso noto dal suo storico manager Gregg Edwards, Peter Greene è stato rinvenuto privo di vita nel suo appartamento di Manhattan, in Clinton Street, nel quartiere del Lower East Side, intorno alle 15:25 di venerdì 12 dicembre. Le cause della morte non sono state ancora ufficialmente divulgate: la polizia di New York ha escluso al momento l’ipotesi di un reato o di un evento criminale, mentre sarà il medico legale a stabilire con precisione che cosa abbia provocato il decesso dell’attore. Nell’appartamento, come raccontato dal suo manager, la musica sarebbe rimasta accesa per oltre 24 ore, un particolare che ha insospettito Edwards e lo ha spinto a verificare di persona le condizioni del suo assistito, trovandolo ormai senza vita.
Un volto indimenticabile dei cattivi anni ’90
Nato l’8 ottobre 1965 a Montclair, nel New Jersey, Peter Greene ha legato il proprio nome a una lunga serie di ruoli da cattivo, diventando uno dei volti più riconoscibili del cinema hollywoodiano degli anni ’90. La svolta arriva nel 1994, con due interpretazioni destinate a entrare nell’immaginario collettivo: quella di Dorian Tyrell, gangster spietato in The Mask accanto a Jim Carrey e Cameron Diaz, e quella di Zed, lo scioccante sceriffo corrotto e stupratore in Pulp Fiction di Quentin Tarantino. Lo sguardo glaciale, i lineamenti scavati e la capacità di trasmettere minaccia e vulnerabilità allo stesso tempo hanno reso Peter Greene un punto di riferimento per i fan dei film cult e per gli amanti dei personaggi villain. In quegli anni l’attore ha contribuito a definire l’estetica dei cattivi al cinema, senza bisogno di effetti speciali, ma basandosi su una recitazione intensa e fisica.
Dai film indipendenti ai grandi cult internazionali
Prima di arrivare ai titoli più celebri, Peter Greene si era fatto notare nel circuito del cinema indipendente con il dramma Clean, Shaven (1993), in cui interpretava un uomo affetto da schizofrenia, sospettato di omicidio: una prova dura e disturbante che aveva colpito la critica e gli addetti ai lavori. Dopo il boom di Pulp Fiction e The Mask, l’attore ha continuato a lavorare con registi di primo piano, apparendo in I soliti sospetti nel ruolo del malavitoso Redfoot, nel poliziesco Training Day, nella commedia d’azione Blue Streak – Re per forza e in numerose altre produzioni tra grande schermo e televisione. In oltre trent’anni di carriera ha preso parte a circa 95 tra film e serie, diventando un caratterista di culto, spesso chiamato a dare volto a criminali, gangster e figure moralmente ambigue, capaci di restare impresse anche con pochi minuti in scena.
Una vita segnata da eccessi e rinascite
Dietro l’immagine del duro, la biografia di Peter Greene racconta una vita complicata. Da giovane scappò di casa e visse per le strade di New York, tra droga e spaccio, come lui stesso aveva ammesso in interviste passate. Negli anni ’90 l’attore ha combattuto contro la dipendenza da eroina e cocaina, arrivando anche a un arresto per possesso di crack nel 2007. Secondo il suo manager, però, negli ultimi anni Peter Greene si era concentrato sulla carriera cinematografica, cercando di lasciarsi alle spalle i problemi personali. Proprio a gennaio avrebbe dovuto iniziare le riprese di Mascots, un thriller indipendente che lo avrebbe visto recitare al fianco di Mickey Rourke, ulteriore conferma di un rilancio artistico ancora in corso.
L’eredità di Peter Greene nel cinema contemporaneo
La scomparsa di Peter Greene lascia un vuoto particolare nel mondo del cinema di genere e dei film cult. Il suo contributo alla costruzione del villain anni ’90 resta fondamentale: personaggi come Zed in Pulp Fiction o Dorian Tyrell in The Mask continuano a influenzare registi, attori e appassionati di thriller, noir e crime movie. In un’epoca dominata da effetti digitali e supereroi, il ricordo di Peter Greene è quello di un interprete capace di riempire lo schermo con la sola presenza, trasformando ruoli anche brevi in figure iconiche. La sua filmografia rimane un punto di riferimento per chi studia l’evoluzione del cattivo al cinema e per chi ama quel particolare periodo del cinema americano in cui i volti, più delle esplosioni, raccontavano le storie più oscure.
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