Maltempo a Gaza, tende allagate e freddo estremo nei campi profughi
Il maltempo a Gaza sta aggravando una crisi umanitaria già drammatica: piogge torrenziali, vento forte, tende allagate e crolli di edifici colpiscono migliaia di sfollati senza riparo adeguato.
Nella Striscia di Gaza l’arrivo dell’inverno e di un’ondata di maltempo a Gaza sta trasformando i campi profughi in veri e propri bacini d’acqua fangosa, dove il freddo pungente e le piogge torrenziali colpiscono una popolazione già provata da anni di guerra. A Khan Younis, nel sud dell’enclave, le tende di fortuna battono sotto un vento forte, i teli in plastica si lacerano e l’acqua penetra ovunque, lasciando migliaia di persone esposte al gelo e all’umidità. In questo scenario, il maltempo invernale diventa un ulteriore nemico per chi ha perso casa, lavoro e sicurezza, costretto a sopravvivere tra tende allagate, fango e strutture pericolanti.
Piogge e vento nei campi di Khan Younis
Nel campo per sfollati di Khan Younis le tende si gonfiano e tremano sotto il vento forte, offrendo una protezione minima contro il freddo intenso e l’acqua che filtra da ogni lato. I teli in plastica e i teloni logori, spesso fissati con vecchi pezzi di legno, non riescono a reggere la forza delle piogge torrenziali. In poche ore si formano pompase di fango e puddle d’acqua alte fino alle caviglie, che invadono i rifugi e trasformano i percorsi tra una tenda e l’altra in corsi d’acqua sporca. Molti bambini, con sandali di gomma o ciabatte consumate, sono costretti a camminare nell’acqua gelida per raggiungere i loro alloggi di fortuna, già indeboliti da mesi di utilizzo costante.
Le famiglie raccontano di notti passate completamente in piedi, tentando di tenere sollevati materassi e coperte mentre l’acqua si infiltra nella tenda. Alcuni usano secchi, pale, perfino barattoli di latta per cercare di svuotare i rifugi, ma il maltempo a Gaza rende quasi impossibile mantenere asciutti gli spazi interni. I forni artigianali in argilla, costruiti vicino alle tende per cucinare il poco cibo disponibile, vengono spesso sommersi dall’acqua, impedendo anche la preparazione di un pasto caldo, fondamentale in condizioni di freddo estremo.
Freddo, ipotermia e vite spezzate
Il freddo intenso a Gaza non è solo una sensazione sgradevole: per molti è questione di vita o di morte. Nel corso di queste giornate di maltempo invernale, il Ministero della Sanità di Gaza ha segnalato la morte di decine di persone, tra cui neonati e bambini, per ipotermia o per il crollo di edifici già danneggiati dal conflitto. In alcuni casi, i soccorritori hanno trovato tende completamente allagate in cui i più piccoli, incapaci di ripararsi dal gelo, non hanno resistito alle temperature rigide e all’umidità costante.
Nei racconti che arrivano dai campi, madri e padri descrivono la difficoltà di tenere all’asciutto almeno un angolo di tenda per far dormire i figli. Una donna, sfollata da Rafah, spiega che la sua tenda – unico riparo dopo la distruzione della casa – è ormai piena di buchi, con l’acqua che penetra dal tetto e dalle pareti di tessuto lacerato. Un’altra donna, rimasta vedova pochi giorni fa, racconta di essersi svegliata con tutto il contenuto della tenda fradicio: materassi, coperte, vestiti, persino i pochi oggetti personali, ricoperti di fango e acqua. In contesti come questi, la semplice richiesta di aiuto non riguarda più cibo o medicine, ma beni essenziali per affrontare l’inverno: “vogliamo solo materassi e coperte”, ripetono molti sfollati.
Edifici danneggiati e rischio di crolli con la pioggia
Oltre ai campi profughi, il maltempo a Gaza mette in pericolo chi vive ancora tra i resti delle abitazioni bombardate. Le autorità locali hanno lanciato l’allarme: le piogge intense possono far collassare in qualsiasi momento palazzi e case gravemente danneggiati, soprattutto nei quartieri più colpiti dai bombardamenti. Molte persone, non avendo accesso a una tenda o a un rifugio più sicuro, continuano a dormire in edifici pericolanti, nonostante gli avvisi degli operatori d’emergenza che invitano a lasciarli immediatamente.
La combinazione tra muri lesionati, fondamenta indebolite e infiltrazioni d’acqua rende l’intera struttura instabile. Ogni nuovo rovescio di pioggia a Gaza aumenta il rischio di crollo, con conseguenze spesso fatali per chi si trova all’interno o nelle vicinanze. Il problema è aggravato dall’assenza di un sistema di drenaggio efficiente: molte aree, specialmente quelle costiere e le zone più basse, si trasformano in bacini di acqua stagnante, favorendo ulteriormente il deterioramento di muri e tetti già compromessi.
Una crisi umanitaria aggravata dal maltempo
La crisi umanitaria a Gaza si intreccia strettamente con il quadro meteorologico. Dopo quasi due anni di conflitto intenso, secondo le stime delle Nazioni Unite una quota molto elevata del patrimonio edilizio dell’enclave risulta distrutta o danneggiata in modo grave. Questo significa che centinaia di migliaia di persone dipendono da rifugi temporanei, tende fornite dalle agenzie internazionali o ripari improvvisati con legno, plastica e teloni. In questo contesto, una fase di maltempo prolungato non è un evento passeggero, ma un ulteriore colpo alla sopravvivenza di chi ha perso quasi tutto.
Le organizzazioni umanitarie chiedono da tempo l’ingresso di più materiali per rinforzare i rifugi: legname, pannelli, sacchi di sabbia, pompe per l’acqua e dotazioni di base per far fronte alle alluvioni nei campi profughi. Tuttavia, le restrizioni all’ingresso delle merci e la difficoltà logistica nel raggiungere alcune aree rendono complesso predisporre ripari adeguati. Di conseguenza, ogni nuova perturbazione si traduce in tende allagate, coperte fradicie, cucine improvvisate distrutte e un rapido peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie.
© Iconameteo.it - Il presente contenuto è riproducibile solo in parte, non integralmente, inserendo la citazione della fonte (Iconameteo.it) e il link al contenuto originale