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Cinque alpinisti italiani tra le vittime delle valanghe sulle vette del Nepal

Una serie di valanghe ha colpito le montagne del Nepal, provocando almeno sette morti, tra cui cinque alpinisti italiani. Le operazioni di soccorso sono rese difficili dal maltempo e dalla complessità delle zone colpite.

La tragedia si è consumata sulle vette dell’Himalaya, dove una successione di valanghe ha spezzato la vita di almeno sette persone, tra cui ben cinque alpinisti italiani. Gli incidenti sono avvenuti tra venerdì e lunedì, in due distinte aree del Nepal: il Panbari Himal, una delle montagne più impervie e meno esplorate, e lo Yalung Ri, altra vetta di grande fascino ma anche di enorme pericolo. Le autorità italiane, con la Farnesina in prima linea, hanno confermato le vittime e stanno seguendo con apprensione la situazione di altri connazionali dispersi o non raggiungibili, mentre le squadre di soccorso nepalesi lottano contro condizioni proibitive.

Valanga sul Panbari Himal: la tragedia degli italiani

Il primo dramma si è consumato venerdì sul Panbari Himal, vetta di 6.887 metri nel cuore dell’Himalaya nepalese. Qui una valanga improvvisa ha travolto il gruppo di tre alpinisti italiani che tentavano la scalata: Alessandro Caputo, 28 anni, maestro di sci milanese, e Stefano Farronato, 50 anni, arboricoltore di Bassano del Grappa, sono stati trovati senza vita sotto oltre due metri di neve compatta. Il terzo componente, Valter Perlino, veterinario di Pinerolo, si è salvato solo perché, a causa di un problema al piede, era rimasto al campo base. È stato proprio Perlino, profondamente scosso, a lanciare l’allarme e a partecipare alle ricerche, raccontando la disperazione di quei momenti: “Dormivano in tenda e sono stati sepolti sotto la neve”.

La seconda valanga sullo Yalung Ri: sette vittime, tra cui altri italiani

Lunedì mattina un’altra valanga devastante ha colpito il campo base dello Yalung Ri, a 5.630 metri di quota nel Nepal orientale. Qui il bilancio è stato ancora più tragico: almeno sette persone hanno perso la vita, tra cui altri tre alpinisti italiani. Le vittime sono Paolo Cocco, fotografo abruzzese, Marco Di Marcello, biologo e guida alpina di Teramo, e Markus Kirchler. Tra gli altri deceduti figurano un alpinista tedesco, un trekker francese e due guide nepalesi. Il gruppo era composto da dodici persone, e la violenza della slavina non ha lasciato scampo a chi si trovava nelle tende. Testimoni oculari hanno confermato la presenza dei corpi, mentre le operazioni di soccorso sono state guidate da esperti sherpa delle principali agenzie locali.

Condizioni meteo estreme e difficoltà nei soccorsi

Le cause delle valanghe sono da ricondurre alle condizioni meteorologiche avverse che hanno interessato le montagne del Nepal negli ultimi giorni: forti nevicate, vento e instabilità del manto nevoso hanno creato un ambiente estremamente pericoloso. Il maltempo persistente ha complicato le operazioni di recupero, isolando le zone colpite e rallentando i soccorsi. Nonostante tutto, le squadre nepalesi hanno evacuato quattro feriti – due francesi e due sherpa – trasportandoli a Kathmandu per le cure necessarie. Tra i pochi sopravvissuti figurano la francese Carole Fuchs, l’attrice nepalese Chhulthim Dolma Gurung e l’uomo d’affari Raj Gurung.

La reazione delle autorità italiane e il dramma dei familiari

La Farnesina, in costante contatto con il consolato italiano a Calcutta e con le autorità nepalesi, ha confermato la morte degli alpinisti italiani e segue da vicino l’evoluzione della situazione, definita “complicata” a causa delle difficoltà nelle comunicazioni e della presenza di altri connazionali irraggiungibili. Il ritrovamento del corpo di Marco Di Marcello ha scosso profondamente la comunità abruzzese, con il presidente della regione che ha espresso cordoglio e vicinanza ai familiari. Il segnale GPS della radio satellitare di Di Marcello aveva lasciato sperare in un esito diverso, ma purtroppo la realtà si è rivelata tragica.

Chi erano le vittime italiane e i sopravvissuti

Le vittime italiane di questa tragedia in Nepal erano unite dalla passione per la montagna e l’alpinismo estremo: Alessandro Caputo, giovane maestro di sci, Stefano Farronato, arboricoltore ed esperto di spedizioni in ambienti ostili, Paolo Cocco, fotografo, Marco Di Marcello, biologo e guida alpina, e Markus Kirchler. Il sopravvissuto Valter Perlino ha potuto raccontare la drammatica sequenza degli eventi solo grazie a un malore che lo aveva costretto a restare al campo base. Le spedizioni coinvolte erano organizzate da agenzie esperte come Dreamers Destination e Wilderness Outdoors.

Un monito per il mondo dell’alpinismo

Questa tragedia sulle montagne del Nepal scuote profondamente il mondo dell’alpinismo internazionale e pone ancora una volta l’accento sui rischi legati alle spedizioni in Himalaya e sulle difficoltà delle operazioni di soccorso in condizioni estreme. Le vite spezzate di questi alpinisti italiani restano un monito per chiunque sogni di sfidare le vette himalayane, dove ogni metro conquistato è frutto di esperienza, forza e rispetto per la natura.

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