Il testamento di Armani: eredità, successione e futuro del gruppo

Il testamento di Giorgio Armani, svelato dopo la sua scomparsa, definisce la successione di uno dei più grandi imperi della moda mondiale, valorizzando la Fondazione Armani e garantendo la continuità del gruppo nel segno della italianità e della creatività.
Il testamento di Armani è stato ufficialmente pubblicato il 9 settembre 2025, pochi giorni dopo la morte dello stilista a 91 anni. L’apertura dei documenti ha catalizzato l’attenzione del mondo della moda e del lusso, poiché rappresenta uno degli atti più significativi nella storia recente del settore. Giorgio Armani ha lasciato due testamenti scritti di suo pugno, datati rispettivamente 15 marzo e 5 aprile 2025, consegnati in busta sigillata al notaio Elena Terrenghi a Milano. Questi documenti non solo stabiliscono i beneficiari di un patrimonio stimato tra gli 11 e i 13 miliardi di euro, ma soprattutto tracciano il futuro della Giorgio Armani S.p.A., fondata nel 1975 e oggi tra le più influenti aziende di abbigliamento e design internazionali.
La successione: Fondazione Armani al centro del futuro
Al centro delle volontà testamentarie di Giorgio Armani c’è la Fondazione Armani, ente creato nel 2016 per preservare il legato dello stilista e garantire l’indipendenza del gruppo. Secondo quanto emerge dai testamenti, la Fondazione avrà un ruolo chiave nella governance della società, gestendo il patrimonio e assicurando la continuità del marchio nel rispetto della sua identità italiana. La scelta di affidare la successione alla Fondazione risponde al desiderio di evitare la frammentazione della gestione e di proteggere il gruppo da logiche finanziarie esterne, fenomeno che ha spesso segnato il destino di altri brand storici. Nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Giorgio Armani siedono persone di fiducia: il braccio destro Pantaleo Dell’Orco, il banchiere Irving Bellotti di Rothschild Italia, e il nipote Luca Camerana, tutti chiamati a tutelare la visione imprenditoriale e creativa di Armani.
Il patrimonio di Giorgio Armani: arte, immobili e aziende
Il patrimonio di Giorgio Armani è vastissimo e comprende non solo il controllo quasi totale (99,9%) della Giorgio Armani S.p.A., ma anche una collezione di opere d’arte, immobili di pregio, yacht, una quota nel gruppo EssilorLuxottica e il celebre club di basket Olimpia Milano. Tra le proprietà spicca anche La Capannina di Forte dei Marmi, storico stabilimento balneare toscano acquisito nel 2024. Il gruppo conta 8.700 dipendenti, 650 punti vendita nel mondo, hotel, ristoranti e club esclusivi, e ha chiuso il 2024 con ricavi pari a 2,3 miliardi di euro. Negli ultimi anni, Armani ha mantenuto una politica di investimenti costante, con 332 milioni di euro investiti nel 2024, il doppio rispetto all’anno precedente.
Governance e continuità del gruppo Armani
Nel testamento, Armani ha previsto un sistema di governance articolato, composto da sei categorie di azionisti con diritti diversi, dalla A alla F, per garantire equilibrio tra patrimonio e potere decisionale. Ha stabilito che la quotazione in Borsa non avverrà prima di cinque anni, a tutela della stabilità e dell’indipendenza del gruppo. La scelta di non avere eredi diretti – Armani non ha mai avuto figli – gli ha permesso di pianificare liberamente la successione, affidando il futuro del gruppo a chi ha condiviso con lui la crescita e la gestione aziendale. Il suo pragmatismo e la sua attenzione alla continuità hanno reso la successione un modello per l’intero settore della moda italiana.
Il valore del lascito: italianità, creatività e visione imprenditoriale
Il testamento di Giorgio Armani rappresenta un atto di grande responsabilità verso il suo brand, la sua famiglia e il mondo della moda. La volontà di preservare l’italianità e la creatività che hanno reso celebre il marchio si riflette nella scelta di affidare la governance a persone fidate e alla Fondazione. Armani ha saputo coniugare la visione creativa con il rigore gestionale, evitando il rischio di acquisizioni da parte di grandi conglomerati internazionali. Il suo lascito non è solo economico, ma soprattutto culturale e valoriale: una testimonianza di come il made in Italy, la moda e il design possano essere tramandati con lungimiranza e rispetto delle proprie radici.
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