Sulla Liguria piogge eccezionali: cosa le ha scatenate? L’analisi del meteorologo

Nel periodo compreso tra il 3 ed il 5 ottobre 2021 sulla Liguria si sono osservate precipitazioni di intensità eccezionale e si è registrato il nuovo primato nazionale per le precipitazioni cumulate sulle 6 e 12 ore: a Montenotte Inferiore, una frazione di Cairo Montenotte, nell’entroterra savonese, nell’arco di sole 6 ore si sono misurati 496 mm di pioggia. A Rossiglione, nel genovese, in 12 ore cadevano 740,6 mm di pioggia.

Per chi non avesse familiarità con questi numeri ricordiamo che un mm di pioggia equivale a un litro per metro quadrato e che in molte località italiane questi quantitativi sono paragonabili alla quantità che normalmente cade in un anno (ad esempio sul Milanese si misurano mediamente 900-1000 mm di pioggia all’anno).

immagine radar relativa al mattino del 4 ottobre (fonte: archivio radar Centrometeolombardo)

Una particolarità dell’evento di inizio ottobre può essere dedotta dall’immagine del radar meteorologico relativa a quel giorno. Il radar meteorologico individua una fascia di precipitazioni, con la forma di una stretta “V”, che si allunga dall’entroterra ligure fino alla Brianza lombarda: le precipitazioni nell’entroterra savonese sono abbondanti (colore rosso) mentre sulla Lombardia sono da deboli a moderate. È evidente che le piogge sulla Lombardia occidentale sono strettamente legate alla cella convettiva ligure e si potrebbe speculare che siano state innescate dai cristalli di ghiaccio generati nelle parti più elevate e fredda della nube ligure, i quali favoriscono la crescita delle precipitazioni nella massa nuvolosa sottostante (un processo noto come  “seeder-feeder”). La caratteristica più peculiare e pericolosa di questa intensa area temporalesca è stata però la sua stazionarietà, infatti essa ha continuato per molte ore a scaricare enormi quantità di pioggia sempre sulla stessa superficie.

La pioggia cumulata nell’evento di inizio Ottobre. Crediti: Arpa Liguria. La freccia rossa rappresenta il flusso di aria alle basse quote, quella nera la direzione delle correnti in quota. Le frecce sono dell’autore.

La somma delle precipitazioni cumulate per tutta la durata dell’evento mostra con grande chiarezza l’eccezionalità di questa situazione: in una ristretta area dell’entroterra ligure, infatti, si osservano quantitativi totali prossimi o superiori a 500 mm, mentre a poche decine di chilometri di distanza sono stati misurati solo pochi millimetri.

La regione del Mediterraneo non è nuova a questo genere di situazioni, tipiche dell’autunno, e per questo motivo disponiamo di una corposa letteratura scientifica che le ha descritte. La maggioranza di questi eventi, e quello in esame non fa eccezione, sono accumunati da alcuni elementi che, sia pure in misura un po’ diversa da caso a caso, concorrono alla genesi del fenomeno. Li riassumiamo sinteticamente.

Lo scenario sinottico è caratterizzato da una saccatura (una circolazione di bassa pressione in quota) sull’Europa occidentale in lento movimento verso est, che favorisce i moti verticali ascendenti su larga scala. Le correnti in quota (il flusso portante, si veda la freccia nera disegnata in figura 2) sono disposte generalmente da sud o sudovest.
I fenomeni più violenti, come nel caso descritto, si osservano di solito nel settore caldo che precede il passaggio del ramo freddo della perturbazione.

Nel settore caldo i venti a basse quote soffiano sostenuti da sud o sudest (freccia rossa nella figura 2) e trasportano aria calda che è passata sopra la superficie marina arricchendosi di vapore acqueo. Nell’evento di inizio ottobre la superficie del mare dopo un’estate lunga e caldissima risultava più calda di circa 3°C rispetto alla norma e questo può avere contributo all’eccezionalità del fenomeno.

Il flusso di aria calda e umida costituisce un’abbondante sorgente di aria condizionalmente instabile (una massa aria, cioè, che diventa instabile se viene sollevata fino al livello di condensazione) che può alimentare per molte ore le celle temporalesche.

L’ultimo elemento da citare, un ingrediente spesso indispensabile, è l’orografia che contribuisce a far convergere le correnti nei bassi strati verso il punto di innesco della cella temporalesca e a sollevare le masse d’aria fino al livello di condensazione.

Il quadro dunque è quello in cui, nell’ambito di uno scenario a grande scala in lenta evoluzione i venti meridionali dei bassi strati incanalati dalla particolare conformazione orografica continuano ad alimentare la medesima grande area temporalesca (detta in gergo MCS Mesoscale Convective System), che non si esaurisce perché essa scarica la sua pioggia a nord, cioè sottovento (ricordiamo l’immagine del radar), mentre da sud viene continuamente rifornita di aria umida e instabile.

Celle temporalesche rigeneranti (in inglese: “back-building”) di questo tipo spesso nell’immagine all’infrarosso mostrano una forma a V, come suggerisce la figura radar proposta all’inizio di questo articolo. Quanto scritto è valido in generale: in ogni particolare evento gli ingredienti descritti sono presenti in “dosi” differenti e ne determinano l’unicità, a cominciare dalla localizzazione del fenomeno. Non solo, bisogna considerare che una volta formatasi la stessa area temporalesca perturba il flusso dei venti nel suo intorno, ad esempio con la creazione di veri e propri “laghi” di aria fredda (“cold pools” generate dall’evaporazione della pioggia) che interferiscono con la circolazione precedente.

Eventi di questo tipo, naturalmente, rappresentano una sfida anche per i modelli fisico matematici più evoluti: in presenza delle condizioni adatte (come quelle che sono state appena descritte) un responsabile della protezione civile normalmente emetterà un’allerta con sufficiente anticipo, ma molto difficilmente potrà individuare l’area precisa in cui si verificherà un’alluvione.
Come abbiamo visto questi temporali producono effetti significativamente diversi a distanza di pochi chilometri.

Sappiamo che con l’aumento globale delle temperature gli episodi di precipitazione estrema sono destinati a diventare più frequenti, perché l’aria contiene tanto più vapore quanto più è calda: una ragione in più per trovarsi preparati e per perfezionare i nostri sistemi di previsione e prevenzione.

Le notizie di IconaClima:

In Liguria nasce la prima “Smart Bay” italiana per studiare il cambiamento climatico

Un ambiente sano è un diritto fondamentale dell’umanità: la risoluzione ONU

Così finanziamo la crisi climatica: ai combustibili fossili 11 milioni di sussidi al minuto

Questo sito usa i cookie

Leggi e imposta le preferenze